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Verso l'ignoto: i miei inverni sul Nanga Parbat | Daniele Nardi | TEDxTrento

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    Questa corda mi ha salvato la vita.
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    Ero a circa
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    6.000 metri sul Nanga Parbat,
    questa montagna altissima
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    di 8.125 metri,
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    che si trova in Pakistan.
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    Stavo scalando,
    quando, in pieno inverno,
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    a quelle altitudini,
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    un ancoraggio ha ceduto
    e sono caduto nel vuoto.
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    Vedete, oggi sono qui a raccontarvi
    questa storia,
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    proprio perché
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    una corda molto simile a questa
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    ha tenuto il mio volo.
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    E quindi posso raccontarvi la mia storia
    su questa montagna incredibile,
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    dove sono stato per ben
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    4 anni.
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    Ero sulla via Kinshofer, in questo
    versante gigantesco della montagna,
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    in inverno,
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    a 30, 40, 50 gradi sotto zero.
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    Ma il mio sogno in realtà non era salire
    la via Kinshofer, ma riuscire a risalire
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    al centro di questa montagna,
    all'inviolato sperone Mummery.
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    Uno sperone fatto
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    di pareti rocciose, di pareti di ghiaccio.
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    Una via elegante, diretta e stupefacente,
    che sale quasi come una spada
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    in vetta al Nanga Parbat.
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    Vedete,
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    affrontare uno sperone inviolato
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    vuol dire non soltanto essere preparati
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    tecnicamente
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    e fisicamente,
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    ma vuol dire anche
    avere il coraggio
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    di affrontare l'ignoto,
    cioè ciò che non si conosce.
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    Su montagne di questo tipo,
    affrontare l'ignoto vuol dire proprio
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    avere il coraggio
    di sopportare quella pressione
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    che ti fanno i luoghi
    che non sono mai stati calpestati.
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    Questa zona della montagna è stata
    la meta di un grandissimo sognatore,
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    Albert Frederick Mummery.
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    Immaginate.
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    Nel 1895 quest'uomo,
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    60 anni prima che una montagna
    di 8.000 metri fosse scalata,
  • 2:00 - 2:04
    parte dall'Europa e ha il coraggio
    di affrontare mesi di viaggio per arrivare
  • 2:04 - 2:06
    in Pakistan
    e poi ai piedi di questa montagna.
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    E per primo individua questo sperone,
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    che dalla vetta scende
    fino alla base della montagna.
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    Mummery fu un uomo
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    così coraggioso --per il quale--
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    questo tentativo che lui fece
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    di arrivare alla montagna,
    passò alla storia.
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    Fu riconosciuto come il primo che ebbe
    il coraggio di affrontare queste montagne
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    con mezzi leali,
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    con le proprie forze
    e le forze dei suoi compagni.
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    Senza mezzi artificiali,
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    senza corde fisse, senza portatori,
    senza ossigeno.
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    E da quel momento
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    fu individuato come colui
    che mise le basi dello stile alpino.
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    Questo stile che prevede
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    la scalata di queste montagne
    in velocità
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    e con poca attrezzatura.
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    Uno stile molto puro
    di scalare le montagne.
  • 2:54 - 2:55
    Vedete,
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    A un certo punto,
    mi sono ritrovato a 5.700 metri.
  • 3:01 - 3:03
    Ho scalato questo sperone
    ben due volte,
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    una volta in compagnia
    e una volta in solitaria.
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    Quella volta ero da solo,
    ero nella tenda
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    e affascinato da questa storia incredibile
    di Albert Frederick Mummery,
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    a un certo punto ho percepito,
    come se fosse vero,
  • 3:15 - 3:16
    fuori dalla tenda,
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    con lo sperone sopra di me,
    con le mie paure --ero lì da solo--
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    È come se avessi percepito realmente
    la presenza di quest'uomo,
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    che faceva scricchiolare la neve
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    e quasi mi accompagnava,
    nel desiderio
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    di
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    ripercorrere le sue orme, ma continuare
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    ed andare su.
  • 3:33 - 3:35
    Ho scalato lo sperone,
    però non sono riuscito
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    ad arrivare su quel plateau finale,
  • 3:36 - 3:38
    per poi arrivare in vetta, ma--
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    Veramente,
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    qui c'è il vero motivo
  • 3:42 - 3:44
    di essere andato in inverno
    al Nanga Parbat.
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    Il fatto di poter onorare
    quella figura audace
  • 3:47 - 3:48
    di Albert Frederick Mummery
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    e usare lo stile alpino,
    in inverno, su una via nuova,
  • 3:51 - 3:53
    per cercare di fare,
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    anche da solo,
    ciò che non era mai stato fatto
  • 3:55 - 3:58
    nella storia dell'alpinismo.
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    A quel punto però, sceso dallo sperone,
  • 4:02 - 4:04
    una sfida incredibile e difficilissima--
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    Decido di cambiare rotta
    e di tornare sulla via Kinshofer.
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    La via Kinshofer è una via percorsa
    d'estate più di 300 volte
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    da tanti alpinisti di tutto il mondo,
  • 4:15 - 4:16
    tra cui
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    anche la mia scalata,
    che avvenne nel 2008,
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    ma in piena estate.
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    Nessuno è mai riuscito
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    a scalare lo sperone Mummery
    in inverno, né tantomeno in estate.
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    Ma la via Kinshofer invece è una via
    che è stata percorsa tante volte
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    ed è il motivo per cui
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    ci sono alcune agevolazioni,
    facilitazioni, sulla montagna,
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    perché gli alpinisti a forza di salire
    e scendere dalla montagna
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    lasciano degli ancoraggi sulla parete,
    ed alcune corde,
  • 4:41 - 4:45
    tra le quali anche quella che,
    come vi dicevo all'inizio di questo racconto,
  • 4:45 - 4:49
    ha ceduto
    e mi ha lasciato cadere nel vuoto.
  • 4:49 - 4:50
    Vedete,
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    al primo tentativo
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    sulla via Kinshofer, in realtà, arrivo
    molto vicino alla vetta della montagna,
  • 4:56 - 5:00
    circa 7.800 metri,
    solo 300 metri dalla vetta.
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    A quel punto, uno dei miei due compagni
    ha degli evidenti sintomi
  • 5:05 - 5:08
    del male acuto di montagna.
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    Un male che nell'arco di pochi minuti
  • 5:11 - 5:13
    ti fa morire.
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    E in quel momento senza nessun dubbio
    abbiamo deciso di scendere dalla montagna
  • 5:16 - 5:20
    e quindi andare verso il campo
    base e fermarci lì.
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    Vedete, in quel momento ho capito
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    una cosa
    molto importante.
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    Abbiamo provato a fare questo volo,
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    verso la vetta della montagna,
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    ma a volte succede che la brama
    di arrivare in vetta, oppure il desiderio
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    di salire sempre più in alto
    può essere così
  • 5:34 - 5:36
    incantatore, che può
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    farci dimenticare
    quali sono i veri valori della vita,
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    la vita stessa.
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    Sapete,
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    io scalo da una vita,
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    sin da quando ero bambino,
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    e vivo a Latina, in pianura Pontina.
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    E potete immaginare
    che le montagne lì, proprio
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    non sono il paesaggio naturale.
  • 5:53 - 5:56
    Pensate che,
    quando ho detto a degli amici
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    che avrei voluto scalare
    a 8.000 metri,
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    si son messi a sorridere,
    eppure,
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    partendo dai miei monti di 1.500 metri
    ho avuto la forza e il coraggio di salire
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    le Dolomiti, sulle Alpi,
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    e poi ancora affrontare le montagne
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    di 8.000 metri della Terra,
    quelle più alte, più affascinanti.
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    Eppure in questo percorso
    ho fatto tanti voli,
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    non solo quelli sul Nanga Parbat.
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    E mi sono accorto
    che, a volte, i voli
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    non sono solo il fatto
    di cadere dalla montagna
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    e avere un pezzo di corda
    che trattiene il tuo volo.
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    Ma può voler dire anche
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    avere il coraggio di affrontare le sfide,
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    di fare un passo in là,
    dove magari c'è quella linea di ignoto
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    dove possiamo
    andare a conoscere qualcosa
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    di diverso.
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    E ritornando sempre a questa corda,
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    c'è stato un momento,
    proprio nell'inverno scorso,
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    quando c'è stato anche il primo volo--
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    In realtà ero lì sulla montagna
    a scalare, a cercare di fissare queste corde
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    non in stile alpino,
    ma con uno stile classico
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    con un alpinista incredibile,
    un polacco, Adam Bialeti.
  • 6:53 - 6:54
    A un certo punto
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    anche lui, mentre fissa un ancoraggio
    sulla parete, scivola
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    e cade verso il basso,
    metro dopo metro, per 80 metri.
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    Ero lì,
  • 7:03 - 7:04
    sulla parete,
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    con un solo ancoraggio fra me e lui.
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    Potevo scegliere,
    per una questione razionale,
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    o di sopravvivenza,
  • 7:11 - 7:14
    di sganciare la corda dal mio imbrago
    e lasciarlo cadere,
  • 7:14 - 7:15
    giù, verso il basso,
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    oppure, magari bloccare la sua corda,
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    su quell'ancoraggio lì.
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    Perché a volte gli alpinisti
    fanno un tacito accordo.
  • 7:24 - 7:26
    È quasi preferibile
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    che vada via uno solo,
    piuttosto che entrambi.
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    Ma io ed Adam non eravamo così,
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    non siamo così.
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    Abbiamo scelto di fare una scalata
    insieme, di legare quel nodo
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    e di salire insieme.
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    Ho tenuto l'ancoraggio.
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    Lui ha dato un urto molto violento
    sulla mia corda, ma il mio peso
  • 7:42 - 7:44
    ha ammortizzato questo urto.
  • 7:44 - 7:46
    E sbattendo sulla parete
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    l'ancoraggio ha tenuto,
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    e noi siamo sopravvissuti.
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    Lui oggi è dai suoi figli
    e io sono potuto tornare a casa.
  • 7:55 - 7:56
    Ho imparato
  • 7:56 - 7:57
    veramente tanto
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    dalla montagna.
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    Ma dopo tutti questi incidenti,
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    e scelte che possono far differenza,
    se tenere una corda,
  • 8:04 - 8:07
    oppure lasciare
    e andar via alle prime difficoltà,
  • 8:07 - 8:10
    o a qualsiasi difficoltà
    che si incontra,
  • 8:10 - 8:12
    mi son chiesto in profondità
  • 8:12 - 8:13
    che senso avesse per me
  • 8:13 - 8:15
    continuare a scalare le montagne
  • 8:15 - 8:16
    e andare sempre più in alto,
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    ad affrontare tutte le difficoltà
    che ci sono.
  • 8:19 - 8:20
    In fondo,
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    all'epoca di Mummery nel 1895,
  • 8:22 - 8:26
    quando lui, tra l'altro,
    non fece ritorno dalla spedizione,
  • 8:26 - 8:30
    l'obiettivo primario dell'alpinismo
    era semplicemente vedere se l'uomo
  • 8:30 - 8:33
    fosse in grado veramente di arrivare
    sulle alte vette.
  • 8:33 - 8:36
    Una volta che queste erano state salite
  • 8:36 - 8:39
    e quindi che l'uomo aveva dimostrato
    che poteva andare lì su,
  • 8:39 - 8:40
    in realtà l'alpinismo
    si è spostato
  • 8:40 - 8:41
    su un altro campo,
  • 8:41 - 8:43
    cioè sulla qualità della salita,
  • 8:43 - 8:49
    la capacità di utilizzare uno stile veloce,
    su pareti sempre più difficili.
  • 8:49 - 8:52
    Ma adesso qual è il significato,
    a questo punto
  • 8:52 - 8:55
    di affrontare queste montagne,
    soprattutto quando
  • 8:55 - 8:56
    su in alta quota
  • 8:56 - 8:57
    si è come dentro un congelatore.
  • 8:57 - 8:59
    Il vento ci sferza
  • 8:59 - 9:05
    e siamo lontani dalle comodità
    che abbiamo giornalmente a casa.
  • 9:05 - 9:08
    E soprattutto, quando scaliamo
    in alta quota, sappiamo per certo
  • 9:09 - 9:11
    che quando superiamo
    i 7.000-8.000 metri,
  • 9:11 - 9:15
    in realtà cominciamo a morire
    un po' alla volta.
  • 9:15 - 9:20
    E se io prendessi uno di voi e lo portassi
    veramente, in uno schioccar di dita,
  • 9:20 - 9:22
    a 8.000 metri,
    morirebbe di asfissia
  • 9:22 - 9:24
    nell'arco di pochi minuti.
  • 9:24 - 9:26
    Noi alpinisti possiamo
  • 9:26 - 9:29
    essere qui, perché saliamo e scendiamo
    dalla montagna più volte
  • 9:29 - 9:33
    proprio per far sì che il nostro corpo
    si adatti all'alta quota
  • 9:33 - 9:35
    e quindi che i globuli rossi aumentino.
  • 9:35 - 9:37
    E possiamo fare questa attività
    sportiva.
  • 9:37 - 9:42
    Però capite bene che siamo molto lontani
    dalla situazione normale di agiatezza
  • 9:42 - 9:45
    che possiamo avere nella società.
  • 9:47 - 9:48
    Io credo
  • 9:48 - 9:50
    che l'alpinismo
  • 9:50 - 9:52
    sia un mezzo incredibile,
  • 9:52 - 9:55
    lontano dai condizionamenti,
    sociali e civili,
  • 9:55 - 9:58
    di affrontare un argomento
    che è sempre molto ostico.
  • 9:58 - 10:02
    Quello, in qualche modo,
    di scendere dentro noi stessi
  • 10:02 - 10:04
    e dentro la natura dell'uomo
  • 10:04 - 10:06
    e cercare di capire se effettivamente
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    siamo fatti solo di carne, ossa, neuroni
  • 10:09 - 10:10
    e molecole.
  • 10:10 - 10:11
    Oppure se dentro di noi c'è
  • 10:11 - 10:13
    una forza vitale,
  • 10:13 - 10:15
    se siamo fatti di una forza vitale,
  • 10:15 - 10:17
    che ci permette di decidere, a volte,
  • 10:17 - 10:19
    se rimanere in cordata
    con i nostri amici,
  • 10:19 - 10:22
    se continuare a sfidare la vita,
    a perseverare,
  • 10:22 - 10:25
    oppure se abbandonare
    a qualsiasi difficoltà.
  • 10:29 - 10:30
    A quel punto,
  • 10:30 - 10:32
    credo che
  • 10:32 - 10:35
    c'è una magia nella scalata.
  • 10:35 - 10:36
    Vedete,
  • 10:36 - 10:39
    su questo capo di corda,
  • 10:39 - 10:41
    a un lato di questo capo,
  • 10:41 - 10:44
    ci sono legato io,
    potrebbe esserci legato uno di voi.
  • 10:45 - 10:46
    Però,
  • 10:46 - 10:47
    non è finita qui.
  • 10:47 - 10:50
    All'altro capo c'è una donna o un uomo,
  • 10:50 - 10:53
    che hanno deciso di legarsi
    alla vostra corda.
  • 10:53 - 10:55
    Vedete, ogni
    volta che si vola,
  • 10:56 - 10:58
    questa corda potrebbe fare ben poco,
  • 10:58 - 11:01
    se non ci fosse all'altro capo
  • 11:01 - 11:02
    qualcuno,
  • 11:02 - 11:07
    che abbia deciso di tenere quella corda
    e quindi trattenere il vostro volo.
  • 11:09 - 11:10
    E
  • 11:10 - 11:14
    Io credo che, in 22 anni di alpinismo
    estremo, fra le tante cose che ho imparato
  • 11:14 - 11:16
    ce ne sono due in particolare
  • 11:16 - 11:17
    che
  • 11:17 - 11:19
    sento mie.
  • 11:19 - 11:23
    La prima è che, secondo me, l'uomo
    ha proprio questa forza vitale.
  • 11:23 - 11:26
    Forse è una forza vitale
  • 11:26 - 11:27
    con la quale riesce
  • 11:27 - 11:28
    ad affrontare le difficoltà,
  • 11:28 - 11:32
    anche quando queste difficoltà
    sembrano insuperabili.
  • 11:32 - 11:34
    D'altro canto, però,
  • 11:34 - 11:37
    bisogna stare veramente attenti
    a scegliere quelle persone
  • 11:37 - 11:39
    che all'altro capo della corda
  • 11:39 - 11:42
    decideranno di rimanere
    in cordata con noi.
  • 11:42 - 11:45
    E continuare a perseverare,
    fino a superare le difficoltà.
  • 11:46 - 11:50
    Credo che questa sia una lezione
    che avrei potuto comprendere
  • 11:50 - 11:52
    sin da bambino.
  • 11:52 - 11:55
    Se ci pensate, quando noi nasciamo,
    in qualche modo
  • 11:56 - 11:58
    voliamo nella vita,
    cerchiamo di decollare.
  • 11:58 - 12:02
    E c'è qualcuno che sorregge i nostri voli
    e in qualche maniera ci fa sicurezza.
  • 12:03 - 12:08
    Solo che spesso, man mano
    che cresciamo, che andiamo verso la vita,
  • 12:08 - 12:10
    non ci rendiamo conto esattamente
  • 12:10 - 12:12
    di questa cosa.
  • 12:12 - 12:15
    A me c'è voluto un po' per impararla.
  • 12:15 - 12:17
    Però devo ammettere,
  • 12:17 - 12:19
    e lo dico con un po' d'ironia,
  • 12:19 - 12:22
    che se fossi stato
    un pochettino più sveglio,
  • 12:22 - 12:24
    forse lo avrei potuto capire
  • 12:24 - 12:28
    molto prima di passare
    quattro inverni interi della mia vita
  • 12:28 - 12:31
    a prender freddo al Nanga Parbat.
  • 12:31 - 12:32
    Grazie.
  • 12:32 - 12:33
    (Applausi)
Title:
Verso l'ignoto: i miei inverni sul Nanga Parbat | Daniele Nardi | TEDxTrento
Description:

Fare un passo oltre ciò che è conosciuto: in pieno inverno con piccozza e ramponi, su speroni di roccia e ghiaccio a 50 gradi sotto zero su terreno ignoto. Come si sopravvive al sogno visionario di percorrere nuove strade verticali?
Se si può risolvere il disordine maneggiando l’universo fisico, un’idea visionaria può essere combattuta solamente con un’altra idea ancora più folle.

Daniele Nardi, nato a Sezze, è il primo alpinista, al di sotto del Po, ad aver scalato l’Everest e il K2. Nel 2002 tocca gli 8.000 sul Cho Oyu, e quindi negli anni successivi scala l’Aconcagua in solitaria e realizza in velocità la salita Middle dello Shisha Pangma e il concatenamento del Broad Peak con il Nanga Parbat. Apre nuovi tracciati e innova l'alpinismo d'alta quota con la scalata invernale dello sperone Mummery al Nanga Parbat. Daniele si dedica alla fotografia, alla scrittura, senza dimenticare il suo impegno come Ambasciatore per i diritti umani nel mondo

This talk was given at a TEDx event using the TED conference format but independently organized by a local community. Learn more at http://ted.com/tedx

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Video Language:
Italian
Team:
closed TED
Project:
TEDxTalks
Duration:
12:44

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