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La poesia che libera l'anima

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    Dicono che per essere poeti bisogna
    scendere qualche volta all'inferno.
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    La prima volta che entrai in un carcere
    non mi sorprese né il rumore
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    dei lucchetti, né delle porte
    che si chiudevano, né delle sbarre,
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    né di niente di tutto quello che
    mi ero immaginata.
  • 0:28 - 0:33
    Forse perché il carcere é
    in un posto abbastanza aperto.
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    Si vede il cielo.
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    I gabbiano volano e credi
    di avere il mare a fianco.
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    Che sei molto vicina alla spiaggia.
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    Ma in realtà i gabbiani vanno a mangiare
    l'immondizia vicina al carcere.
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    Continuando ad entrare vedevo i carcerati
    aggirarsi per i padiglioni.
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    Fu come soffermarmi
    a pensare che anche io
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    avrei potuto essere una di loro.
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    In un'altra storia,
    un altro contesto, un altro destino.
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    Perché nessuno può
    scegliere il luogo di nascita.
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    Nel 2009 mi invitarono
    a partecipare ad un progetto
  • 1:22 - 1:28
    che l'Università Nazionale di San Martín
    svolge all'interno dell'Unità 48,
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    per condurre un laboratorio di scrittura,
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    Il servizio penitenziario concesse
    un terreno in fondo al carcere
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    e lì costruirono un edificio
    del centro universitario
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    La prima volta che mi riunii
    con i prigionieri,
  • 1:46 - 1:50
    domandai loro perché chiedevano
    un laboratori di scrittura
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    e loro mi risposero che volevano
    poter scrivere su un foglio
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    tutto quello che non potevano dire
    e non potevano fare.
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    Fu lì che decisi di far entrare
    la poesia all'interno della prigione.
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    Allora dissi loro
    di lavorare sulla poesia,
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    se sapevano cosa fosse la poesia.
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    Nessuno aveva idea di cosa fosse
    realmente la poesia
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    Oltre a quello mi dissero
    che il laboratorio non era solamente
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    per i carcerati universitari,
    ma che comprendeva
  • 2:25 - 2:28
    anche tutti i prigionieri comuni.
  • 2:28 - 2:32
    Allora per cominciare il corso
    avevo bisogno
  • 2:32 - 2:36
    di strumenti che abbiamo tutti.
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    Lo strumento essenziale
    era il linguaggio
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    Quindi, avevamo il linguaggio, avevamo
    un corso; potevamo fare poesia
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    Ma quello che non calcolai fu
    la diseguaglianza all'interno del carcere
  • 2:51 - 2:56
    e molti di loro non avevano
    un'educazione di base completa.
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    Molti non sapevano scrivere in corsivo,
    a parte la loro firma.
  • 3:03 - 3:07
    Non scrivevano neanche in modo fluido.
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    Incominciammo a cercare poemi corti,
    molto corti, ma molto potenti.
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    E cominciammo a leggere,
    un autore e poi un'altro,
  • 3:18 - 3:24
    e leggendo quei poemi così corti,
    tra di loro iniziarono a capire
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    che il linguaggio poetico rompeva
  • 3:27 - 3:30
    una determinata logica
    e costruiva un altro sistema.
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    Rompere la logica del linguaggio
    è anche rompere la logica del sistema
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    al quale sono abituati a rispondere
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    Allora apparve un nuovo sistema
    con nuove regole
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    che li fece comprendere
    molto rapidamente,
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    che con il linguaggio poetico potevano
    scegliere quello che loro avrebbero voluto
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    Dicono che per essere poeti bisogna
    scendere qualche volta all'inferno
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    E a loro quell'inferno abbonda,
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    Una volta uno di loro mi disse:
    "In carcere non si dorme mai.
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    Mai si può dormire in carcere.
    Mai si possono chiudere gli occhi".
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    E allora , feci come adesso,
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    rimasi un momento in silenzio e dissi,
    ragazzi, questa è poesia.
  • 4:31 - 4:37
    L'universo carcerario è esibito
    lo avete a portata di mano.
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    Tutto quello che dite,
    che non dormite mai.
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    Questa paura distillata. Tutto ciò
    che non è scritto. Questa è poesia.
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    Iniziamo ad appropriarci
    di questo inferno.
  • 4:52 - 4:55
    E ci siamo buttati a capofitto,
    ne settimo cerchio.
  • 4:55 - 4:59
    In questo settimo cerchio dell'inferno,
    tanto voluto e ora nostro
  • 4:59 - 5:04
    impararono che le parole potevano
    essere invisibili, a far gridare
  • 5:04 - 5:08
    alle finestre, che ci nascondevano
    nelle tenebre.
  • 5:12 - 5:16
    Alla fine del primo anno di laboratorio
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    organizzammo una piccola festa
    di fine anno, come si fa
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    quando si finisce un lavoro
    con tanto amore.
  • 5:21 - 5:24
    Si vuole celebrare e fare festa.
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    Convocammo famigliari, amici,
    autorità dell'università
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    L'unico cosa che dovevano fare
    era leggere una poesia,
  • 5:33 - 5:39
    ricevere un diploma, applausi e quello
    era tutta la nostra festa.
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    L'unica cosa che vorrei lasciarvi
    è il momento in cui quegli uomini,
  • 5:51 - 5:53
    a volte enormi accanto a me,
  • 5:53 - 5:59
    o ragazzi giovanissimi,
    ma con un grande orgoglio,
  • 5:59 - 6:05
    tenevano in mano il foglio,
    tremavano e sudavano come bambini,
  • 6:05 - 6:12
    e leggevano il proprio poema,
    con la voce spezzata
  • 6:12 - 6:20
    Quel momento mi ha fatto pensare molto
    che sicuramente per molti di loro
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    era la prima volta
    che qualcuno li applaudiva
  • 6:24 - 6:28
    per qualcosa che avevano fatto.
  • 6:28 - 6:32
    All'interno del carcere ci sono cose
    che non si possono fare.
  • 6:32 - 6:36
    Nel carcere non si può sognare,
    nel carcere non si può piangere.
  • 6:37 - 6:42
    Ci sono parole praticamente
    proibite, come la parola tempo,
  • 6:42 - 6:47
    la parola futuro, la parola desiderio.
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    Pero noi ci siamo permessi
    di sognare e anche tanto
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    perche abbiamo deciso
    di scrivere un libro.
  • 6:57 - 7:01
    Non solo abbiamo deciso di scriverlo
    ma lo abbiamo anche pubblicato.
  • 7:01 - 7:04
    Questo alla fine del 2010.
  • 7:04 - 7:09
    Abbiamo fatto una seconda scommessa,
    e ne abbiamo scritto un altro.
  • 7:09 - 7:10
    E abbiamo pubblicato un altro libro.
  • 7:10 - 7:14
    Questo poco tempo fa,
    alla fine anno dell'anno scorso.
  • 7:16 - 7:22
    Quello che vedo settimana dopo settimana
    è come si trasformano
  • 7:22 - 7:27
    in altre persone,
    e come continuano a trasformarsi.
  • 7:27 - 7:31
    Come le parole danno loro una dignità
    che non conoscevano,
  • 7:31 - 7:33
    che non potevano nemmeno immaginare.
  • 7:33 - 7:39
    Non sapevano che quella dignità esisteva
    e che potevano provarla.
  • 7:39 - 7:46
    Durante il corso, in quell'inferno amato
    che tutti abbiamo, tutti doniamo qualcosa.
  • 7:46 - 7:48
    Apriamo le mani ed il cuore e doniamo
  • 7:48 - 7:51
    quello che abbiamo e possediamo.
    Tutti.
  • 7:51 - 7:53
    Tutti nello stesso modo.
  • 7:53 - 7:57
    In quella maniera uno può sentire
    anche con molto poco
  • 7:57 - 8:02
    sta riparando a quella tremenda
    frattura sociale che fa sì che
  • 8:02 - 8:09
    per moltissimi come loro
    l'unico destino è il carcere.
  • 8:12 - 8:18
    Ricordo i versi di un gran poeta
  • 8:18 - 8:28
    dell'Unità 48 del nostro corso,
    Nicolás Dorado:
  • 8:28 - 8:35
    "Devo trovare un filo infinito
    per cucire questa grande ferita. "
  • 8:35 - 8:41
    La poesia fa questo. Cuce
    le ferite dell'esclusione.
  • 8:41 - 8:46
    Apre porte.
    La poesia fa da specchio.
  • 8:46 - 8:49
    Inventa uno specchio, che è il poema.
  • 8:49 - 8:54
    Loro si riconoscono, si vedono
    nel poema, e scrivono
  • 8:54 - 8:59
    da come sono
    e sono quello che scrivono.
  • 8:59 - 9:05
    Per poter scrivere devono
    appropriarsi del momento
  • 9:05 - 9:09
    in cui scrivono che è un momento
    di straordinaria libertà.
  • 9:09 - 9:12
    Devono entrare nella loro mente
    e cercare quel pezzetto di libertà
  • 9:12 - 9:16
    che nessuno potrà mai togliere loro
    al momento di scrivere
  • 9:16 - 9:20
    e che serve per provare loro
    che si può essere liberi
  • 9:20 - 9:25
    anche stando in un carcere
    e che le uniche sbarra che abbiamo
  • 9:25 - 9:31
    nel nostro meraviglioso spazio
    é la parola sbarra e che tutti,
  • 9:31 - 9:34
    nel nostro inferno,
    bruciamo di felicità
  • 9:34 - 9:38
    quando si accenda
    la miccia della parola.
  • 9:38 - 9:41
    (Applausi)
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    Vi ho raccontato molto sul carcere,
    su quello che ho sperimentato
  • 10:11 - 10:16
    e quello che imparo ogni settimana,
    e come mi trasformo insieme a loro.
  • 10:16 - 10:21
    Però sapete, mi piacerebbe
    che voi poteste sentire, vivere,
  • 10:21 - 10:25
    sperimentare anche solo per alcuni secondi
  • 10:25 - 10:29
    quello che ogni settimana imparo
    e mi fa essere quello che sono.
  • 10:32 - 10:35
    (Applausi)
  • 10:41 - 10:45
    "Il cuore mastica le lacrime del tempo
  • 10:45 - 10:48
    cieco di vedere quella luce
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    occulta la velocità dell'esistenza
  • 10:52 - 10:53
    dove rimangono le immagini
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    combatte, non si lascia andare.
  • 10:57 - 11:01
    Il cuore si crepa sotto sguardi tristi
  • 11:01 - 11:03
    cavalca nelle tempeste di fuoco
  • 11:03 - 11:07
    alza petti reduci dalla vergogna
  • 11:07 - 11:11
    sa che il metodo non è
    solo leggere e seguire
  • 11:11 - 11:14
    ma anche voler vedere il blu infinito.
  • 11:14 - 11:18
    Il cuore si siede a pensare le cose,
  • 11:18 - 11:21
    lotta per non cadere nelle cose comuni,
  • 11:21 - 11:24
    cerca di imparare ad amare senza dolore,
  • 11:24 - 11:28
    respira il sole che dà coraggio,
  • 11:28 - 11:32
    si consegna, viaggia verso la ragione.
  • 11:32 - 11:35
    Il cuore combatte nelle paludi,
  • 11:35 - 11:39
    costeggia la linea della malavita,
  • 11:39 - 11:43
    cade senza forze
    e non si lascia corrompere
  • 11:43 - 11:46
    mentre passi irregolari
    in stato di ebbrezza
  • 11:46 - 11:47
    svegliano,
  • 11:47 - 11:49
    svegliano la quiete".
  • 11:49 - 11:51
    Sono Martín Bustamante,
  • 11:51 - 11:55
    sono un carcerato
    dell'Unità 48 di San Martin,
  • 11:55 - 11:58
    Oggi è il mio giorno di uscita temporanea.
  • 11:58 - 12:00
    E a me la poesia e la letteratura
  • 12:00 - 12:01
    mi hanno cambiato la vita
  • 12:01 - 12:02
    Molte grazie.
    (Applausi)
  • 12:02 - 12:03
    CD: Grazie
  • 12:03 - 12:06
    (Applausi)
Title:
La poesia che libera l'anima
Speaker:
Cristina Domenech
Description:

"Dicono che per essere poeti bisogna scendere qualche volta all'inferno". Cristina Domenech coordina laboratori di scrittura in un carcere argentino e racconta la sua storia commuovente di come aiuta i carcerati ad esprimersi, a esprimere se stessi... a gioire della libertà di parola. Attenzione, con una lettura molto intensa di una poesia di uno dei suoi studenti, un carcerato, davanti ad un pubblico di 10 000 persone.

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Spanish
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