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Cesar Harada: Un'idea innovativa per ripulire le fuoriuscite di petrolio in mare

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    Nell’oceano,
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    cosa hanno in comune
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    petrolio, plastica e radioattività?
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    Al primo posto, la fuoriuscita di petrolio della BP:
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    milioni di barili di petrolio
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    riversati nel Golfo del Messico.
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    Al secondo posto, milioni di tonnellate
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    di rifiuti di plastica che si accumulano nell’oceano.
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    E al terzo posto, il materiale radioattivo
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    che fuoriesce dalla centrale nucleare di Fukushima
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    nell’Oceano Pacifico.
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    Bene, questi tre grandi problemi hanno in comune
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    la causa, che è l’uomo,
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    ma sono controllati dalle forze della natura.
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    Ciò dovrebbe farci sentire terribilmente in colpa
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    tanto quanto dovrebbe darci speranza,
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    perché se abbiamo il potere di creare questi problemi,
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    possiamo anche avere il potere
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    di porvi rimedio.
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    E le forze della natura?
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    È proprio ciò di cui ho intenzione di parlarvi oggi;
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    come usare queste forze della natura
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    per rimediare a questi problemi causati dall’uomo.
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    Quando c’è stata la fuoriuscita di petrolio della BP,
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    lavoravo al MIT, ed ero responsabile
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    dello sviluppo di una tecnologia per ripulire le perdite di petrolio.
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    Ebbi l’opportunità di andare nel Golfo del Messico,
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    di incontrare alcuni pescatori,
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    e di vedere le terribili condizioni di lavoro in cui versavano.
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    Furono usate più di 700 di queste imbarcazioni,
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    che sono barche di pescatori riciclate
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    dotate di un oleo assorbente in bianco
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    e di un prodotto di contenimento in arancione,
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    ma raccolsero solo il 3% del petrolio in superficie,
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    e la salute degli addetti alla pulizia
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    ne risentì pesantemente.
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    Stavo lavorando su una tecnologia molto interessante
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    al MIT, ma era un progetto a lungo termine
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    su come sviluppare una tecnologia,
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    che sarebbe stata molto costosa,
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    e brevettata.
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    Io invece volevo sviluppare qualcosa che si potesse
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    costruire in modo economico e velocemente,
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    e che fosse open source,
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    perché le perdite di petrolio non avvengono solo nel Golfo del Messico,
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    e ciò significava utilizzare energie rinnovabili.
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    Lasciai il lavoro dei miei sogni,
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    e andai a New Orleans,
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    per continuare a studiare come avvengono le perdite di petrolio.
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    Al momento, quello che si fa,
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    è usare queste piccole imbarcazioni da pesca,
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    e pulire delle strisce di acqua nell’oceano inquinato.
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    Se si utilizza la stessa quantità di superficie
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    di oleo assorbente, ma si presta solo attenzione
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    ai pattern naturali, e si risalgono le correnti ventose,
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    si può raccogliere molto più materiale.
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    Se si aumenta l’attrezzatura,
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    si aumentano i livelli di assorbente
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    che si stanno usando, e si riesce a raccogliere molto di più.
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    Ma è estremamente difficile spostare l’oleo assorbente
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    controvento, sfidando correnti e onde.
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    Sono forze imponenti.
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    L’idea più semplice fu quella di usare l’antica tecnica
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    della vela, ossia virare in base alla direzione del vento
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    per catturare o intercettare il petrolio
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    che va alla deriva sospinto dal vento.
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    Ciò non comportò alcuna invenzione.
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    Prendemmo una semplice barca a vela
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    e cercammo di tirare qualcosa di lungo e pesante,
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    ma mentre viravamo avanti e indietro,
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    perdevamo due cose:
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    forza di trazione e direzione.
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    Così, pensai: e se provassimo a mettere il timone
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    a prua,
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    non guadagneremmo più controllo?
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    Costruii quindi questo piccolo robot a vela
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    con il timone a prua,
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    e cercai di trascinare qualcosa di molto lungo e pesante.
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    Quello è un oggetto di 4 metri di lunghezza,
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    e fu una sorpresa, perché con un timone di soli 14 centimetri,
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    potevo controllare 4 metri di assorbente.
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    Ero così felice che continuai a giocare con il robot,
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    e vedete qui, il robot,
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    ha un timone a prua.
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    In genere sta a poppa.
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    Giocando mi resi conto che la manovrabilità
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    di questo modello era sorprendente,
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    e potevo evitare gli ostacoli fino all’ultimo momento,
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    era più manovrabile di un’imbarcazione normale.
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    Poi iniziai a pubblicare online,
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    alcuni amici della Corea
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    se ne interessarono, e costruimmo un’imbarcazione
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    con un timone a poppa e uno a prua,
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    iniziammo ad interagire con questo modello,
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    che era leggermente migliore,
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    ma era molto piccolo e un po’ sbilanciato,
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    ma poi pensammo:
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    e se avessimo più di due punti di controllo?
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    E se l’intera imbarcazione fosse un punto di controllo?
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    E se l’intera imbarcazione cambiasse forma?
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    Così -- (Applausi)
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    Grazie. (Applausi)
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    Quello fu l’inizio di Protei,
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    la prima imbarcazione della storia
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    che cambiò completamente la forma dello scafo
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    per assumerne il controllo,
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    e le proprietà della vela che ne conseguono
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    sono di gran lunga superiori a quelle di un’imbarcazione normale.
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    Quando viriamo, abbiamo la sensazione di fare surf,
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    e il modo in cui va sopravento è molto efficiente.
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    Questo si traduce in velocità contenuta, velocità del vento ridotta,
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    maggiore manovrabilità -
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    qui mi vedete in una piccola virata di bordo,
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    osservate la posizione della vela.
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    Quello che succede è che, poiché la barca cambia forma,
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    la posizione della vela di prua e di quella maestra
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    sono diverse rispetto al vento.
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    Prendiamo vento da entrambe le parti.
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    Ed è proprio quello che vogliamo
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    per riuscire a trascinare qualcosa di lungo e pesante.
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    Non vogliamo perdere forza di trazione, né direzione.
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    Volevo sapere se era possibile
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    produrla su scala industriale,
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    quindi costruimmo una grande barca con una grande vela,
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    e con uno scafo molto leggero, gonfiabile,
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    a basso impatto ecologico,
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    e qui abbiamo un ottimo rapporto tra forza e dimensioni.
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    In seguito, cercammo di capire se potevamo
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    implementare e automatizzare questo sistema.
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    Ci servimmo dello stesso sistema ma con l’aggiunta
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    di una struttura per attivare la macchina.
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    Utilizzammo lo stesso sistema gonfiabile a camera ad aria,
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    e lo testammo.
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    Qui eravamo in Olanda.
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    Provammo in acqua senza scafo o zavorra,
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    tanto per vedere se funzionava.
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    Poi montammo una telecamera per controllarla,
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    ma ci rendemmo subito conto che avevamo bisogno
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    di più peso in fondo,
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    la riportammo in laboratorio,
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    ci aggiungemmo lo scafo,
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    ci piazzammo batterie, telecomandi,
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    poi la mettemmo in acqua,
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    la lasciammo andare per vedere come andava,
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    allentammo le cime e ci mettemmo a sperare.
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    Funzionò abbastanza bene ma abbiamo ancora molto da fare.
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    Il nostro piccolo prototipo ci ha fornito una buona comprensione
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    sul corretto funzionamento
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    ma dobbiamo ancora lavorarci sopra parecchio.
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    Stiamo realizzando un’evoluzione accelerata
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    della tecnologia velica.
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    Siamo passati da un timone a poppa a uno a prua,
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    poi a due timoni, a più timoni
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    fino a un’intera imbarcazione che cambia forma,
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    e più andiamo avanti,
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    più il design acquista semplicità e diventa carino. (Risate)
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    Io volevo mostrarvi un pesce perché --
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    ma in effetti, è molto diversa da un pesce.
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    Un pesce si muove perché – si muove così,
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    mentre la nostra barca è azionata ancora dal vento,
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    e lo scafo controlla la traiettoria.
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    Vi ho portato, per la prima volta qui sul palcoscenico di TED,
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    Protei Numero 8. Non è l’ultima versione,
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    ma è perfetta per le demo.
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    La prima cosa, come vi mostro nel video,
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    è che potremo controllare meglio la traiettoria
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    di una barca a vela,
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    o che potremo non essere mai ai ferri,
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    e quindi mai rivolti verso il vento,
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    riusciremo a catturare il vento da entrambe le parti.
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    Nuove proprietà rispetto a una barca a vela.
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    Se guardate la barca da questa parte,
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    vi ricorderà il profilo di un aeroplano.
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    Un aeroplano, quando ci si muove in questa direzione,
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    inizia a sollevarsi, e poi decolla così.
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    Ora, se prendete lo stesso sistema,
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    e siete in verticale, vi piegate,
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    e se vi muovete in avanti così,
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    l’istinto vi potrebbe dire che andrete così,
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    ma se vi muovete abbastanza velocemente,
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    potreste creare quello che chiamiamo sollevamento laterale,
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    per allontanarsi o avvicinarsi al vento.
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    Un’altra proprietà è questa:
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    una barca a vela normale con una deriva qui
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    e un timone dietro,
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    e questi due elementi sono ciò che crea
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    più resistenza e più turbolenza dietro la barca,
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    ma poiché qui non ci sono
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    né una deriva né un timone,
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    speriamo che se continuiamo a lavorare sul design dello scafo,
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    riusciremo a migliorare e ad avere più resistenza.
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    L’altro aspetto è che, molte barche, quando raggiungono
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    una certa velocità, e solcano le onde,
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    iniziano a colpire e sbattere sulla superficie dell’acqua,
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    e molta energia per spostarsi in avanti viene perduta.
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    Ma se seguiamo il flusso,
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    se prestiamo attenzione al movimento naturale
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    anziché servirci della forza,
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    se seguiamo il flusso, potremmo assorbire
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    molti rumori ambientali, e quindi l’energia delle onde,
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    e risparmiare davvero un po’ di energia per spostarsi in avanti.
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    Possiamo anche aver sviluppato una tecnologia
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    che è molto efficiente per trainare qualcosa di lungo e pesante,
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    ma l’idea è questa: qual è lo scopo della tecnologia
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    se non arriva nelle mani giuste?
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    L’innovazione o la tecnologia normale si sviluppano così.
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    Qualcuno ha un’idea interessante,
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    un altro scienziato, o un ingegnere,
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    la porta al livello successivo, ne elaborano una teoria
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    e forse la brevettano,
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    e poi un’industria stipula un contratto
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    di esclusiva per produrla e venderla,
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    e alla fine, un compratore la acquista,
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    e noi ci auguriamo che la usino a scopi nobili.
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    Quello che desideriamo è che questa innovazione accada
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    di continuo. L’inventore e gli ingegneri,
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    e anche i produttori e tutti coloro
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    che lavorano insieme, ma ciò sarebbe sterile
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    se succedesse in un processo parallelo e non incrociato.
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    Quello che uno vuole veramente non è uno sviluppo
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    sequenziale, né parallelo.
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    Uno vuole avere una rete di innovazione.
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    Si vuole che tutti, come stiamo facendo adesso,
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    lavorino insieme, e questo succede solo
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    se queste persone tutte insieme decidono di condividere le informazioni,
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    ed è esattamente questo il significato di hardware libero.
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    Sostituire la competizione con la collaborazione.
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    Trasformare ogni prodotto nuovo in un nuovo mercato.
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    Ma cos’è l’hardware libero?
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    Sostanzialmente, l’hardware libero è una licenza.
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    Una disposizione di proprietà intellettuale.
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    Significa che tutti possono usare, modificare
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    e distribuire liberamente, e in cambio
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    si chiedono solo due cose.
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    Che venga accreditato il nome – il nome del progetto --
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    ed anche che la gente che apporta migliorie,
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    le condivida con la comunità.
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    Una condizione semplicissima.
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    Ho iniziato questo progetto da solo in un garage di New Orleans,
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    ma subito dopo ho voluto pubblicare e condividere
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    queste informazioni, e ho fatto un Kickstarter,
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    che è una piattaforma di raccolta fondi collettiva,
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    e in un mese circa abbiamo raccolto 30.000 dollari.
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    Con questi soldi, ho assunto un team di giovani ingegneri
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    di tutto il mondo, ed abbiamo affittato una fabbrica
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    a Rotterdam in Olanda.
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    Insieme abbiamo imparato, costruito,
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    abbiamo fatto prototipi,
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    ma soprattutto abbiamo testato i nostri prototipi
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    in acqua il più possibile,
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    per sbagliare e imparare dai nostri errori in tempi rapidi.
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    Qui vedete un orgoglioso membro coreano di Protei,
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    e a destra, un progetto a più alberi
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    proposto da un gruppo in Messico.
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    L’idea piacque molto a Gabriella Levine
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    di New York, che decise di realizzare un prototipo,
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    documentò
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    ogni passo del procedimento,
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    e lo pubblicò su Instructables,
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    un sito Web dove condividere invenzioni.
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    Nel giro di poco meno di una settimana,
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    ecco il team di Eindhoven, un istituto di ingegneria.
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    Lo hanno realizzato, ma alla fine hanno pubblicato
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    un design semplificato.
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    Ne hanno prodotto uno per Instructables,
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    e in poco meno di una settimana,
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    hanno ricevuto circa 10.000 visite, e hanno tanti nuovi amici.
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    Anche loro stanno lavorando a una tecnologia più semplice,
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    non così complessa, con gente più giovane
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    e meno giovane,
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    come questo dinosauro del Messico. (Risate)
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    Adesso Protei è un network internazionale
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    di innovazione per la vendita di tecnologie
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    che usano questo scafo mutante.
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    Ciò che ci accomuna è una comprensione comune,
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    o almeno globale,
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    del termine “business” o di ciò che dovrebbe essere.
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    È così che molti lavorano oggi.
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    Si dice gli affari sono affari. Ma ciò che conta
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    sono i profitti, e userete
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    la tecnologia per farlo, e la gente sarà la vostra forza lavoro,
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    saranno strumentali,
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    e l’ambiente ha, come sempre, l'ultima priorità.
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    Sarà un modo per, diciamo così, rendere più "verde" il pubblico
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    e, per così dire, aumentare l’etichetta del prezzo.
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    Quello che cerchiamo di fare o in cui crediamo,
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    perché crediamo che così funzioni veramente il mondo,
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    è che senza l’ambiente non ci sia niente.
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    Abbiamo la gente e dobbiamo proteggerci a vicenda, certo,
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    siamo un’azienda tecnologica,
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    e i profitti sono necessari per fare le cose. (Applausi)
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    Grazie. (Applausi)
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    Se abbiamo il coraggio di comprendere e di accettare
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    che è proprio così che il mondo funziona,
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    e questo è l’ordine di priorità che dobbiamo scegliere,
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    sarà ovvio capire perché sia d'obbligo
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    la scelta dell’hardware libero per sviluppare tecnologie ambientali,
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    o perché dobbiamo condividere le informazioni.
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    Cosa ci riserva il futuro?
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    Questa piccola macchina che avete visto,
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    speriamo di realizzare piccoli apparecchi
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    come il Protei telecomandato di un metro da aggiornare --
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    sostituire le parti telecomandate con Androidi,
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    il cellulare, e il micro controllore Arduino,
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    in modo da poterlo controllare
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    dal cellulare, dal tablet.
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    Poi vorremmo creare delle versioni da 6 metri
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    in modo da testare le prestazioni massime di tali macchinari,
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    per poter andare a una velocità molto alta.
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    Immaginate.
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    Siete sdraiati su una canoa kayak torpedo flessibile,
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    navigando a vela a gran velocità,
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    controllando la forma dello scafo con le gambe,
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    e la vela con le braccia.
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    Questo è quello che vorremmo realizzare. (Applausi)
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    E sostituiremo l’essere umano --
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    ad esempio, per andare a rilevare la radioattività,
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    è meglio evitare di mandare un essere umano,
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    con batterie, motori, microcontrollori e sensori.
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    Questo è quello che il nostro team sogna di notte.
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    Ci auguriamo un giorno di poter ripulire le perdite di petrolio,
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    oppure di raccogliere la plastica nell’oceano,
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    o di avere una miriade di macchine
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    controllate da motori di videogame multigiocatore
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    per controllare molte di queste macchine,
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    per monitorare le barriere coralline
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    e la pesca.
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    Speriamo di poter usare una tecnologia di hardware libero
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    per comprendere e proteggere al meglio gli oceani.
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    Grazie infinite. (Applausi)
  • 13:48 - 14:07
    (Applausi)
Title:
Cesar Harada: Un'idea innovativa per ripulire le fuoriuscite di petrolio in mare
Speaker:
Cesar Harada
Description:

Quando il senior fellow TED Cesar Harada è venuto a conoscenza degli effetti devastanti che le fuoriuscite di petrolio della BP avevano prodotto nel Golfo del Messico nel 2010, ha lasciato il lavoro dei suoi sogni e si è trasferito a New Orleans per sviluppare un sistema più efficace per assorbire le fuoriuscite di petrolio. Ha progettato un’imbarcazione flessibile e altamente manovrabile per ripulire velocemente ampi tratti di mare. Ma anziché farlo diventare un profitto, ha deciso di rendere il progetto open source .

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
14:30

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