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Perché l'unico futuro degno di noi dovrà includere tutti

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    Buona sera – oppure buon giorno,
    non so che ora è lì da voi!
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    A qualsiasi ora, sono però contento
    di partecipare al vostro incontro.
  • 0:17 - 0:21
    Mi è piaciuto molto il titolo
    – “The future you” –
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    perché, mentre guarda al domani,
    invita già da oggi al dialogo:
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    guardando al futuro,
    invita a rivolgersi a un “tu”.
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    “The future you”,
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    il futuro è fatto di te,
    è fatto cioè di incontri,
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    perché la vita scorre
    attraverso le relazioni.
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    Parecchi anni di vita
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    mi hanno fatto maturare
    sempre più la convinzione
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    che l’esistenza di ciascuno di noi
    è legata a quella degli altri:
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    la vita non è tempo che passa,
    ma tempo di incontro.
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    Incontrando o ascoltando
    ammalati che soffrono,
  • 1:18 - 1:22
    migranti che affrontano
    tremende difficoltà
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    in cerca di un futuro migliore,
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    carcerati che portano
    l’inferno nel proprio cuore,
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    persone, specialmente giovani,
    che non hanno lavoro,
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    mi accompagna spesso una domanda:
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    “Perché loro e non io?”
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    Anch’io sono nato
    in una famiglia di migranti:
  • 1:51 - 1:56
    mio papà, i miei nonni,
    come tanti altri italiani,
  • 1:56 - 1:58
    sono partiti per l’Argentina
  • 1:58 - 2:03
    e hanno conosciuto la sorte
    di chi resta senza nulla.
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    Anch’io avrei potuto essere
    tra gli “scartati” di oggi.
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    Perciò nel mio cuore rimane sempre
    quella domanda: “Perché loro e non io?”
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    Mi piacerebbe innanzitutto
    che questo incontro ci aiuti a ricordare
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    che abbiamo tutti bisogno
    gli uni degli altri,
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    che nessuno di noi è un’isola,
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    un io autonomo
    e indipendente dagli altri,
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    che possiamo costruire il futuro
    solo insieme, senza escludere nessuno.
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    Spesso non ci pensiamo,
    ma in realtà tutto è collegato
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    e abbiamo bisogno di risanare
    i nostri collegamenti:
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    anche quel giudizio duro
    che porto nel cuore
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    contro mio fratello o mia sorella,
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    quella ferita non curata,
    quel male non perdonato,
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    quel rancore che mi farà solo male,
  • 3:11 - 3:17
    è un pezzetto di guerra che porto dentro,
    è un focolaio nel cuore, da spegnere
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    perché non divampi in un incendio
    e non lasci cenere.
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    Molti oggi, per diversi motivi,
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    sembrano non credere
    che sia possibile un futuro felice.
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    Questi timori vanno presi sul serio.
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    Ma non sono invincibili.
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    Si possono superare,
    se non ci chiudiamo in noi stessi.
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    Perché la felicità si sperimenta solo
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    come dono di armonia
    di ogni particolare col tutto.
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    Anche le scienze
    – lo sapete meglio di me –
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    ci indicano oggi
    una comprensione della realtà,
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    dove ogni cosa esiste in collegamento,
    in interazione continua con le altre.
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    E qui arrivo al mio secondo messaggio.
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    Come sarebbe bello
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    se alla crescita delle innovazioni
    scientifiche e tecnologiche
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    corrispondesse anche una sempre maggiore
    equità e inclusione sociale!
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    Come sarebbe bello se,
    mentre scopriamo nuovi pianeti lontani,
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    riscoprissimo i bisogni del fratello
    e della sorella che mi orbitano attorno!
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    Come sarebbe bello che la fraternità,
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    questa parola così bella
    e a volte scomoda,
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    non si riducesse solo
    a assistenza sociale,
  • 5:00 - 5:04
    ma diventasse atteggiamento di fondo
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    nelle scelte a livello politico,
    economico, scientifico,
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    nei rapporti tra le persone,
    tra i popoli e i Paesi.
  • 5:15 - 5:22
    Solo l’educazione alla fraternità,
    a una solidarietà concreta,
  • 5:23 - 5:26
    può superare la “cultura dello scarto”,
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    che non riguarda solo il cibo e i beni,
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    ma prima di tutto le persone
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    che vengono emarginate
    da sistemi tecno-economici
  • 5:42 - 5:46
    dove al centro, senza accorgerci,
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    spesso non c’è più l’uomo,
    ma i prodotti dell’uomo.
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    La solidarietà è una parola che tanti
    vogliono togliere dal dizionario.
  • 6:01 - 6:06
    La solidarietà però
    non è un meccanismo automatico,
  • 6:06 - 6:09
    non si può programmare o comandare:
  • 6:10 - 6:14
    è una risposta libera
    che nasce dal cuore di ciascuno.
  • 6:15 - 6:17
    Sì, una risposta libera!
  • 6:18 - 6:20
    Se uno comprende
  • 6:20 - 6:24
    che la sua vita, anche in mezzo
    a tante contraddizioni, è un dono,
  • 6:24 - 6:28
    che l’amore è la sorgente
    e il senso della vita,
  • 6:29 - 6:33
    come può trattenere il desiderio
    di fare del bene agli altri?
  • 6:35 - 6:37
    Per essere attivi nel bene
  • 6:37 - 6:42
    ci vuole memoria, ci vuole coraggio
    e anche creatività.
  • 6:44 - 6:51
    Mi hanno detto che a TED
    c’è riunita tanta gente molto creativa.
  • 6:53 - 7:01
    Sì, l’amore chiede una risposta
    creativa, concreta, ingegnosa.
  • 7:04 - 7:09
    Non bastano i buoni propositi
    e le formule di rito,
  • 7:09 - 7:14
    che spesso servono solo
    a tranquillizzare le coscienze.
  • 7:15 - 7:18
    Insieme, aiutiamoci a ricordare
  • 7:19 - 7:23
    che gli altri non sono
    statistiche o numeri:
  • 7:24 - 7:26
    l’altro ha un volto,
  • 7:27 - 7:34
    il "tu" è sempre un volto concreto,
    un fratello di cui prendersi cura.
  • 7:34 - 7:41
    C’è una storia che Gesù ha raccontato
  • 7:41 - 7:43
    per far comprendere la differenza
  • 7:43 - 7:49
    tra chi non si scomoda
    e chi si prende cura dell’altro.
  • 7:51 - 7:56
    Probabilmente ne avrete sentito parlare:
    è la parabola del Buon Samaritano.
  • 7:58 - 8:02
    Quando hanno chiesto a Gesù
    chi è il mio prossimo
  • 8:02 - 8:06
    – cioè: di chi devo prendermi cura? –
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    Gesù ha raccontato questa storia,
  • 8:10 - 8:11
    la storia di un uomo
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    che i ladri avevano assalito, derubato,
    percosso e abbandonato lungo la strada.
  • 8:18 - 8:25
    Due persone molto rispettabili del tempo,
    un sacerdote e un levita, lo videro,
  • 8:25 - 8:29
    ma passarono oltre senza fermarsi.
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    Poi arrivò un samaritano,
    che apparteneva a una etnia disprezzata,
  • 8:37 - 8:42
    e questo samaritano,
    alla vista di quell’uomo ferito a terra,
  • 8:42 - 8:47
    non passò oltre come gli altri,
    come se nulla fosse,
  • 8:48 - 8:50
    ma ne ebbe compassione.
  • 8:51 - 8:59
    Si commosse e questa compassione
    lo portò a compiere gesti molto concreti:
  • 9:00 - 9:04
    versò olio e vino
    sulle ferite di quell’uomo,
  • 9:05 - 9:06
    lo portò in un albergo
  • 9:07 - 9:10
    e pagò di tasca sua
    per la sua assistenza.
  • 9:12 - 9:16
    La storia del Buon Samaritano
    è la storia dell’umanità di oggi.
  • 9:17 - 9:22
    Sul cammino dei popoli ci sono ferite
    provocate dal fatto
  • 9:22 - 9:28
    che al centro c’è il denaro,
    ci sono le cose, non le persone.
  • 9:29 - 9:35
    E c’è l’abitudine spesso
    di chi si ritiene “per bene”,
  • 9:35 - 9:37
    di non curarsi degli altri,
  • 9:37 - 9:46
    lasciando tanti esseri umani,
    interi popoli, indietro,
  • 9:46 - 9:47
    a terra per la strada.
  • 9:50 - 9:54
    C’è però anche
    chi dà vita a un mondo nuovo,
  • 9:54 - 10:00
    prendendosi cura degli altri,
    anche a proprie spese.
  • 10:01 - 10:09
    Infatti, diceva Madre Teresa di Calcutta,
    non si può amare se non a proprie spese.
  • 10:11 - 10:15
    Abbiamo tanto da fare,
    e dobbiamo farlo insieme.
  • 10:17 - 10:20
    Ma come fare, con il male che respiriamo?
  • 10:23 - 10:24
    Grazie a Dio,
  • 10:25 - 10:30
    nessun sistema può annullare
    l’apertura al bene, la compassione,
  • 10:30 - 10:33
    la capacità di reagire al male
  • 10:33 - 10:35
    che nascono dal cuore dell’uomo.
  • 10:36 - 10:37
    Ora voi mi direte:
  • 10:37 - 10:39
    “sì, sono belle parole,
  • 10:39 - 10:43
    ma io non sono il Buon Samaritano
    e nemmeno Madre Teresa di Calcutta”.
  • 10:44 - 10:48
    Invece ciascuno di noi è prezioso;
  • 10:48 - 10:54
    ciascuno di noi è insostituibile,
    agli occhi di Dio.
  • 10:55 - 10:59
    Nella notte dei conflitti
    che stiamo attraversando,
  • 10:59 - 11:04
    ognuno di noi può essere
    una candela accesa
  • 11:04 - 11:08
    che ricorda che la luce
    prevale sulle tenebre,
  • 11:09 - 11:14
    non il contrario.
  • 11:15 - 11:20
    Per noi cristiani il futuro ha un nome,
    e questo nome è speranza.
  • 11:21 - 11:26
    Avere speranza non significa
    essere ottimisti ingenui
  • 11:27 - 11:33
    che ignorano il dramma
    del male dell’umanità.
  • 11:34 - 11:37
    La speranza è la virtù di un cuore
  • 11:37 - 11:41
    che non si chiude nel buio,
    non si ferma al passato,
  • 11:42 - 11:47
    non vivacchia nel presente,
    ma sa vedere il domani.
  • 11:49 - 11:51
    La speranza è la porta aperta
    sull’avvenire.
  • 11:51 - 11:57
    La speranza è un seme di vita
    umile e nascosto,
  • 11:57 - 12:01
    che però si trasforma col tempo
    in un grande albero;
  • 12:02 - 12:07
    è come un lievito invisibile,
    che fa crescere tutta la pasta,
  • 12:08 - 12:10
    che dà sapore a tutta la vita.
  • 12:11 - 12:12
    E può fare tanto,
  • 12:14 - 12:21
    perché basta una sola piccola luce
    che si alimenta di speranza,
  • 12:21 - 12:25
    e il buio non sarà più completo.
  • 12:27 - 12:31
    Basta un solo uomo
    perché ci sia speranza,
  • 12:32 - 12:34
    e quell’uomo puoi essere tu.
  • 12:36 - 12:44
    Poi c’è un altro “tu” e un altro “tu”,
    e allora diventiamo “noi”.
  • 12:46 - 12:50
    E quando c’è il “noi”,
    comincia la speranza?
  • 12:50 - 12:50
    No.
  • 12:51 - 12:52
    Quella è incominciata con il “tu”.
  • 12:54 - 12:58
    Quando c’è il noi,
    comincia una rivoluzione.
  • 13:00 - 13:05
    Il terzo e ultimo messaggio
    che vorrei condividere oggi
  • 13:05 - 13:10
    riguarda proprio la rivoluzione:
    la rivoluzione della tenerezza.
  • 13:11 - 13:13
    Che cos’è la tenerezza?
  • 13:14 - 13:17
    È l’amore che si fa vicino e concreto.
  • 13:17 - 13:19
    È un movimento che parte dal cuore
  • 13:19 - 13:23
    e arriva agli occhi,
    alle orecchie, alle mani.
  • 13:24 - 13:28
    La tenerezza è usare gli occhi
    per vedere l’altro,
  • 13:29 - 13:31
    usare le orecchie per sentire l’altro,
  • 13:31 - 13:37
    per ascoltare il grido dei piccoli,
    dei poveri, di chi teme il futuro;
  • 13:37 - 13:44
    ascoltare anche il grido silenzioso
    della nostra casa comune,
  • 13:44 - 13:46
    della Terra contaminata e malata.
  • 13:47 - 13:52
    La tenerezza significa
    usare le mani e il cuore
  • 13:53 - 13:55
    per accarezzare l’altro.
  • 13:55 - 13:58
    Per prendersi cura di lui.
  • 13:59 - 14:03
    La tenerezza è il linguaggio
    dei più piccoli,
  • 14:03 - 14:06
    di chi ha bisogno dell’altro:
  • 14:06 - 14:13
    un bambino si affeziona
    e conosce il papà e la mamma
  • 14:13 - 14:19
    per le carezze, per lo sguardo,
    per la voce, per la tenerezza.
  • 14:21 - 14:22
    A me piace sentire
  • 14:23 - 14:28
    quando il papà o la mamma
    parlano al loro piccolo bambino,
  • 14:29 - 14:36
    quando anche loro si fanno bambini,
    parlando come parla lui, il bambino.
  • 14:37 - 14:43
    Questa è la tenerezza:
    abbassarsi al livello dell’altro.
  • 14:44 - 14:51
    Anche Dio si è abbassato in Gesù
    per stare al nostro livello.
  • 14:52 - 14:54
    Questa è la strada percorsa
    dal Buon Samaritano.
  • 14:55 - 14:58
    Questa è la strada percorsa da Gesù,
  • 14:59 - 15:00
    che si è abbassato,
  • 15:01 - 15:03
    che ha attraversato
    tutta la vita dell’uomo
  • 15:03 - 15:06
    con il linguaggio concreto dell’amore.
  • 15:08 - 15:12
    Sì, la tenerezza è la strada
  • 15:12 - 15:17
    che hanno percorso gli uomini e le donne
    più coraggiosi e forti.
  • 15:19 - 15:22
    Non è debolezza la tenerezza, è fortezza.
  • 15:23 - 15:27
    È la strada della solidarietà,
    la strada dell’umiltà.
  • 15:29 - 15:31
    Permettetemi di dirlo chiaramente:
  • 15:32 - 15:34
    quanto più sei potente,
  • 15:35 - 15:39
    quanto più le tue azioni
    hanno un impatto sulla gente,
  • 15:40 - 15:43
    tanto più sei chiamato a essere umile.
  • 15:44 - 15:51
    Perché altrimenti il potere ti rovina,
    e tu rovinerai gli altri.
  • 15:54 - 16:01
    In Argentina si diceva che il potere
    è come il gin preso a digiuno:
  • 16:04 - 16:10
    ti fa girare la testa, ti fa ubriacare,
    ti fa perdere l’equilibrio
  • 16:11 - 16:15
    e ti porta a fare del male
    a te stesso e agli altri,
  • 16:16 - 16:21
    se non lo metti insieme
    all’umiltà e alla tenerezza.
  • 16:24 - 16:28
    Con l’umiltà e l’amore concreto, invece,
  • 16:28 - 16:36
    il potere – il più alto, il più forte –
    diventa servizio e diffonde il bene.
  • 16:38 - 16:43
    Il futuro dell’umanità
    non è solo nelle mani dei politici,
  • 16:43 - 16:47
    dei grandi leader, delle grandi aziende.
  • 16:48 - 16:50
    Sì, la loro responsabilità è enorme.
  • 16:50 - 16:55
    Ma il futuro è soprattutto
    nelle mani delle persone
  • 16:55 - 17:02
    che riconoscono l’altro come un “tu”
    e se stessi come parte di un “noi”.
  • 17:04 - 17:06
    Abbiamo bisogno gli uni degli altri.
  • 17:07 - 17:12
    E perciò, per favore,
    ricordatevi anche di me con tenerezza,
  • 17:12 - 17:16
    perché svolga il compito
    che mi è stato affidato
  • 17:16 - 17:23
    per il bene degli altri, di tutti,
    di tutti voi, di tutti noi.
  • 17:24 - 17:26
    Grazie.
Title:
Perché l'unico futuro degno di noi dovrà includere tutti
Description:

(Please note: the official title and description will be finalized and communicated to you a day or two before the talk is posted on TED.com)

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Video Language:
Italian
Team:
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Project:
TEDTalks
Duration:
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    Thanks you.

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