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Paolo Ferri: i nativi digitali esistono, eccome!

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    Allora, è con molto piacere che in effetti
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    rispondo anche in video a una serie di discussioni
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    che si sono avviate dentro education 2.0 e anche in altri
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    luoghi informali della rete, su Facebook, relativamente
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    al... alla categoria dei nativi digitali
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    che ho provato a delineare, le cui caratteristiche ho provato
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    a delineare nel mio libro recente, appunto "Nativi digitali".
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    Ehm, se dovessi accorpare un po' le... le questioni che sono nate,
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    anche con qualche veemenza, relativamente a questa categoria,
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    possiamo dire che si raggruppano attorno a tre...
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    attorno a tre grandi direttrici.
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    La prima è quella che dice che i Nativi non esistono
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    cioè in realtà non c'è discontinuità, anzi, in qualche modo,
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    esiste una continuità tra noi e loro,
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    e non si possono etichettare come una generazione nuova.
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    A questa obiezione in effetti...
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    che deve avere delle altre ragioni rispetto al... al suo
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    al suo verbale, rispondo in questo modo,
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    cioè, effettivamente, ogni generazione è sempre stata
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    diversa dalla precedente e evidentemente
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    i padri della generazione del '68, probabilimente
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    non si sentivano molto... molto simili ai figli che...
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    affollavano le piazze di Berkeley e di Parigi.
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    Ma, probabilmente, qui assistiamo a una cosa un po' più,
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    anche più radicale, paradossalmente, nel senso che
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    la generazione dei Nativi è nata, in
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    un mondo, all'interno di un modo di comunicare completamente
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    diverso, per cui è naturale che sia diversa, perché
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    esiste un'interazione reciproca tra mondi e modi
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    del rappresentare il pensiero e il pensiero stesso.
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    E, quindi, trovo, appunto, abbastanza singolare,
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    probabilmente sintomatica di altre paure, l'idea di
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    negare completamente l'esistenza dei Nativi.
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    Ehm... per altri versi, l'altra argomentazione, e questa è più
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    più fondata, riprende le teorie di Jenkins, che ritiene
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    che sia pericoloso, invece, identificare con questo termine
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    la generazione dei Nativi, nel senso che
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    etichettarli sotto questa categoria
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    secondo Jenkins, appunto,
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    metterebbe troppo poco in rilievo e farebbe
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    vedere troppo poco le differenze interne che esistono
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    tra i Nativi e i problemi relativi alla, soprattutto,
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    quindi, all'accesso, alle disuguaglianze che esistono
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    tra i nativi. Ehm... anche ovviamente
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    la posizione di Jenkins è sensata
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    però non è mai stato, come dire,
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    non si mette in discussione che esistano delle differenze
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    di accesso, tra paesi sviluppati, paesi meno sviluppati
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    tuttavia è vero che se
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    esiste un grande fattore di globalizzazione questo è
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    Internet, quindi è vero che Internet non è diffusa
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    egualmente in tutti i paesi, all'interno di tutti i paesi
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    non è diffusa in maniera omogenea,
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    è anche vero che i dati dei più Internet Project
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    ci dicono che Internet tra i dodicenni, dodici-sedicenni americani
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    è diffusa al 98%, quindi in qualche modo costituisce
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    l'humus, il background comune che accomuna, appunto,
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    questa generazione, che io continuo a chiamare
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    di Nativi digitali. Ehm, esiste anche l'obiezione
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    relativa al fatto che non ci siano dati fondati: questa
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    obiezione probabilmente deriva dalla... dalla... dal
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    fatto chi ha introdotto questo termine, Marc Prensky,
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    l'ha introdotta... è un pubblicista non è... non è un insegnante, non è...
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    un... non è un universitario, ma anche a questa obiezione
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    rispondo non tanto io, che sono un universitario ma
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    posso anche contare quel che conto, ma rispondono
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    le ricerche dell'MIT, di Berkeley, di Harvard, che ho riportato
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    nel... nel poi pezzo che accompagna questa intervista, ehm...
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    Tutti questi centri di ricerca internazionale
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    la stessa OCSE, chiamandoli in maniera diversa, Millenial,
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    Millenium Learner e quant'altro, ehm... si è fermato? Ah, no!
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    Chiamandoli, chiamandoli in maniere diverse, ehm
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    affermano l'esistenza di una nuova generazione che
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    popola le scuole. Ehm, da questo punto di vista, e qui
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    vengo all'ultimo... all'ultimo argomento, credo che forse
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    ci sia un problema di esorcizzare in qualche modo
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    il nuovo, di non, non prendere coscienza fino in fondo
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    del fatto che, non solo la tecnologia,
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    ma anche il mondo sociale, la globalizzazione in atto,
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    mette profondamente in discussione le nostre pratiche
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    come insegnanti e in fondo far finta che non esistano
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    probabilmente, è più rassicurante ed è più, ed è più
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    comodo, per certi versi. Ehm... l'ultimo argomento è un po' più,
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    è un po' più polemico, ma in effetti, l'impressione che ho avuto io
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    leggendo Jenkins, che parlava di Prensky, era in effetti che
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    Jenkins fosse, in effetti, molto poco contento di non aver inventato lui questa
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    metafora e quindi trovasse delle critiche... Criticasse... criticasse Jenkins... criticasse Prensky
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    proprio perché la metafora è particolarmente efficace
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    Ehm... l'idea dei Nativi e degli immigranti digitali
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    rende bene quello che tutti noi normalmente
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    verifichiamo con i nostri figli, dentro le nostre classi, ehm...
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    l'agilità e la fluency che hanno nel gestire le tecnologie
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    è imbarazzantemente superiore, superiore alla nostra...
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    e forse, appunto, alcuni studiosi, anche alcuni di quelli
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    che hanno partecipato al dibattito avrebbero voluto
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    inventare loro questa categoria.
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    Fortunatamente non l'ho inventata io, ma l'ha inventata
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    Prensky, per cui spero di non attirarmi ulteriormente gli
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    strali di coloro i quali sono un po' contrari, ma sper... ma
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    sono molto contento che sia, come dire, si sia sviluppato
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    questo dibattito, perché forse dice, questo dibattito,
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    molto più delle nostre paure, rispetto a una reale trasformazione
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    attraverso le tecnologie della scuola,
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    di quanto non dica relativamente alla... al dibattito
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    specifico sulla categoria dei nativi digitali.
Title:
Paolo Ferri: i nativi digitali esistono, eccome!
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