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TEDxTeen - Natalie Warne - Essere giovani e lasciare il segno

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    Salve a tutti.
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    Mia madre è una donna nera, molto forte
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    che ha cresciuto i figli in modo che avessero la sua forza e il suo orgoglio.
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    Uno spirito che trovava posto in una parete
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    del nostro appartamentino di due stanze a sud di Chicago.
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    Due foto vi erano appese con orgoglio:
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    la foto gigante di me e dei miei fratelli e sorelle,
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    e la foto di mia madre a dodici anni,
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    che fissava Martin Luther King Jr. negli occhi.
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    Quando ero più piccola, salivo sulle punte dei piedi
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    per guardare quella foto, chiudevo gli occhi
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    e facevo finta di essere lei,
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    che guarda intensamente l’uomo che ha rivoluzionato il movimento dei diritti civili,
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    che ha marciato su Washington e trasformato una generazione
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    con le sue parole “Ho un sogno”.
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    Ma l’ho incontrato.
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    Ovviamente non ho incontrato King,
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    ma ho incontrato un uomo di nome Vincent Harding.
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    Ha lavorato a fianco di King dal primo giorno
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    e ha anche scritto alcuni dei suoi discorsi più emblematici.
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    È stato un momento davvero importante per me da bambina,
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    perché è stata la prima volta che mi sono resa conto
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    che non è stato solo King a condurre la rivoluzione,
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    ma era circondato da un movimento
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    fatto di anonimi straordinari.
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    Gli anonimi straordinari sono persone che,
    in modo disinteressato
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    e con vigore, operano per ciò in cui credono.
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    Sono persone motivate da convinzioni e non da riconoscimenti.
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    Mi ci è voluto molto tempo per comprendere il significato di questo momento.
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    L’ho capito dopo molti anni.
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    E come vi ho detto, sono cresciuta a Chicago,
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    in un quartiere povero, difficile
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    ma per me non contava molto quando ero piccola
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    perché ho letteralmente la famiglia più incredibile al mondo.
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    Fin da piccola ho dovuto lottare tanto contro due problemi.
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    Primo, la malattia di mio padre.
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    Soffriva di Parkinson e di pancreatite,
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    ed essendo sua figlia per me è stato difficile
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    vedere il mio eroe così sofferente.
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    E il secondo problema riguardava me.
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    Credo lo si possa chiamare crisi di identità.
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    Alle superiori ho cambiato scuola quattro volte.
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    Il primo anno frequentavo una scuola molto razzista.
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    I bambini erano così crudeli. Ci davano lettere piene di odio,
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    scrivevano cose terribili sui nostri armadietti,
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    e poiché ero birazziale, mi dicevano:
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    “Non puoi essere entrambe le cose.
    Devi scegliere: o nera o bianca.”
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    E alla fine ero infastidita da entrambe le cose.
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    Poi all’improvviso, durante il mio ultimo anno a scuola, nel 2008,
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    l’essere misti, l’essere ambigui dal punto di vista razziale
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    diventa l’ultima moda.
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    Della serie, “Oh Natalie. Adesso ci piaci. Sei carina.”
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    Io ero stufa.
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    Ero davvero stanca di dipendere dai giudizi degli altri.
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    E volevo solo fare di tutto per velocizzare,
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    passare gli esami e diplomarmi,
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    indipendentemente dalla scuola in cui sarei finita.
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    Poi, a diciassette anni,
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    vidi un film intitolato “Invisible children”
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    e allora successe qualcosa.
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    Bambini soldato.
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    Bambini dell’età dei miei nipoti venivano rapiti,
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    davano loro un AK47 in mano e li obbligavano a uccidere,
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    non chiunque, spesso dovevano uccidere i genitori,
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    i fratelli.
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    Un esercito di ribelli, che uccideva in massa
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    per nessuno scopo religioso o politico – così tanto per.
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    Venticinque anni.
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    Per venticinque anni è andato avanti questo conflitto.
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    Io ho vent’anni
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    e questo conflitto ne ha cinque più di me.
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    Un uomo, un uomo con una voce carismatica
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    ha iniziato questa cosa.
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    Il suo nome è Joseph Kony.
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    Quando ho visto questo film, è successo qualcosa.
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    Qualcosa ha iniziato a rimestarmi dentro
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    ma non riuscivo a capire di cosa si trattasse.
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    Non sapevo se era rabbia, pena,
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    se mi sentivo in colpa perché era la prima volta
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    che venivo a sapere di una guerra in corso da 25 anni.
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    Non riuscivo nemmeno a dare un nome a ciò che provavo.
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    So solo che la notizia mi ha molto scosso
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    e ho iniziato a farmi domande del tipo:
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    Che cosa faccio?
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    Cosa può fare una diciasettenne?
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    Dovete darmi qualcosa.
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    E mi hanno dato qualcosa.
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    I fondatori e i realizzatori del film di Invisible Children
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    mi hanno detto che c’era una proposta di legge,
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    che se riuscivo a farla passare,
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    sarebbero state possibili due azioni:
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    primo, sarebbe stato possibile arrestare Kony,
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    e gli alti comandanti dell’armata ribelle.
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    E secondo, si avrebbe avuto accesso
    ai fondi per la ricostruzione
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    di queste regioni ormai devastate
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    dopo venticinque anni di guerra.
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    E io: “Consideratelo già fatto, lasciate che me ne occupi io,
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    prometto che farò il possibile perché ciò avvenga.”
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    Così, assieme a 99 altri idealisti,
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    tra i 18 e i 20 anni,
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    siamo saltati su un aereo a San Diego
    per unirci a Invisible Children.
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    Ho rimandato gli studi universitari, non venivamo pagati,
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    chiamatemi pure irresponsabile o pazza - i miei lo hanno fatto -
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    ma per noi sarebbe stata una pazzia non andarci.
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    Abbiamo tutti sentito questa chiamata impellente
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    e volevamo fare di tutto per far passare la proposta di legge.
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    Ci hanno spiegato il primo compito da svolgere:
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    dovevamo pianificare un evento che si chiamava
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    “Il salvataggio dei bambini soldato di Joseph Kony”
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    nel quale i partecipanti sarebbero accorsi
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    in centinaia di città in tutto il mondo
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    per manifestare in centro fino a che una celebrità
    o una figura politica
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    non fosse venuta e avesse usato la sua voce
    a sostegno dei bambini soldato.
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    A quel punto ogni città sarebbe stata “salvata”.
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    E lo slogan era
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    che non avremmo lasciato le città
    fino a che non ci avessero salvato.
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    A me assegnarono Chicago e altre nove città.
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    Ai miei capi ho detto:
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    “Se cerchiamo nomi importanti,
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    perché non proviamo con l’ape regina Oprah Winfrey?”
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    Hanno pensato che ero un po’ troppo idealista,
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    ma noi cercavamo di pensare in grande,
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    stavamo facendo qualcosa di impossibile,
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    e allora perché non provare a ottenere
    qualcosa di ancora più impossibile?
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    Così, da gennaio ad aprile, ci siamo impegnati in questa azione.
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    Ecco il numero di ore spese in logistica,
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    dalle richieste di permessi alle manifestazioni dei partecipanti
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    e la localizzazione delle sedi.
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    Questo è il numero di rifiuti ricevuti
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    da agenti di celebrità e segreterie di politici.
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    Questo è il denaro che ho speso in Red Bull e Coca-Cola Light
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    per poter rimanere sveglia durante l’azione.
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    (Risate)
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    Giudicatemi pure se volete.
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    Questa è una spesa sanitaria
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    per un’infezione al fegato
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    dovuta a un consumo eccessivo di caffeina.
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    Ecco alcune delle cose ridicole
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    che abbiamo fatto per portare avanti questo evento.
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    E così arriva il 20 aprile e inizia l’evento.
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    Un centinaio di città in tutto il mondo – erano stupendi.
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    Sei giorni dopo, tutte le città sono state salvate meno una:
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    Chicago.
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    Cosi abbiamo atteso in città.
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    La gente ha iniziato ad arrivare da tutto il mondo,
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    da tutto il paese come rinforzi
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    e per unire la loro voce alla nostra.
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    Finalmente, il 1° maggio, abbiamo circondato gli studi di Oprah.
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    E abbiamo ottenuto la sua attenzione.
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    Ecco uno spezzone da un filmato intitolato
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    “Insieme Siamo Liberi”
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    che documenta l’evento del salvataggio
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    e il mio tentativo di arrivare ad Oprah.
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    (Video) Oprah: Prima quando sono arrivata in macchina in ufficio, stamattina…
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    c’era un’immensa…
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    quando siete entrati tutti, c’era un gruppo là fuori?
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    Pubblico: Sì.
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    Oprah: … avevano cartelli in cui mi chiedevano di intervenire
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    solo per cinque minuti, ed ero felice di farlo,
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    stavano con un gruppo chiamato Invisible Children
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    e ho detto a questo gruppo là fuori
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    che gli avrei dato un minuto per parlare.
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    Uomo nella folla: Oprah, grazie infinite per averci qui.
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    In breve, queste persone qui
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    hanno visto un film che racconta la storia di 30 000 bambini
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    rapiti da un leader ribelle di nome Joseph Kony.
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    E oggi sono qui per solidarietà e sono qui fuori
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    da sei giorni.
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    All’inizio erano centomila persone in tutto il mondo.
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    Ora sono cinquecento tenaci
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    che ti chiedono di dare rilievo a questo tema
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    per porre fine alla più lunga guerra mai combattuta in Africa
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    e per salvare quei bambini che sono ancora bambini soldato
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    nell’Africa orientale.
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    Uomo: Oprah, devo dirti che questa ragazza, Natalie,
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    ha diciotto anni;
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    è stata una nostra stagista quest’anno
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    e ha detto “Il mio obiettivo è andare da Oprah.”
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    Aveva radunato duemila persone sabato
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    ma pioveva.
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    È rimasta qui fuori in piedi sotto la pioggia con 50 persone.
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    Quando l’hanno saputo, sono accorsi in centinaia.
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    C’è gente dal Messico e dall’Australia.
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    Natalie ha diciotto anni.
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    Non pensare di essere troppo giovane.
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    Puoi cambiare il mondo in qualsiasi giorno.
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    Inizia adesso, inizia oggi.
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    (Acclamazioni)
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    Uomo nella folla: Ne valeva la pena?
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    Folla: Sììì!
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    Natalie! Natalie! Natalie!
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    Insieme siamo liberi! Insieme siamo liberi!
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    (Applausi)
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    Penserete che questo è stato il gran momento della mia vita,
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    l’apoteosi che mi ha reso straordinaria.
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    E in effetti è stato un gran momento.
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    Voglio dire, ero al settimo cielo.
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    Dieci milioni di persone guardano lo show di Oprah Winfrey.
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    Ma guardando indietro, non lo è stato.
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    Non fraintendetemi,
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    come ho detto, era un gran momento.
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    Per una settimana ha fatto la sua gran bella figura la foto del profilo su Facebook.
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    Ma sono stata straordinaria tutto il tempo.
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    E non ero sola.
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    Anche se la mia storia è raccontata da questo film
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    ero solo una persona tra un centinaio di stagisti
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    che hanno lavorato sodo per realizzare tutto questo.
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    Sono in aria, ma il ragazzo che mi tiene in spalla,
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    è il mio miglior amico.
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    Si chiama Johannes Oberman
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    e Johannes ha lavorato con me dal primo giorno a Chicago --
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    per lunghe ore e molte notti insonni, proprio come me.
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    La ragazza a destra, il suo nome è Bethany Bylsma.
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    Bethany era la responsabile per New York e Boston
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    e sono stati davvero i più begli eventi che abbiamo realizzato.
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    La ragazza a sinistra, il suo nome è Colleen.
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    Colleen è andata in Messico, per tre mesi,
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    per pianificare cinque eventi là,
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    per poi essere cacciata via il giorno prima degli eventi
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    a causa dell’influenza suina.
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    E poi, questa famiglia:
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    loro non sono riusciti a partecipare al salvataggio,
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    non ce l'hanno fatta,
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    ma hanno ordinato un centinaio di pizze per noi,
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    consegnate all’angolo tra Michigan e Randolph
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    dove protestavamo in silenzio.
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    Vedete, persone così ---
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    che fanno tutto quello che possono,
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    in contemporanea, come un’unica mente,
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    senza preoccuparsi di chi stia guardando --
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    hanno reso tutto ciò possibile.
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    Non si trattava di arrivare da Oprah.
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    quando sono scesa da quelle spalle,
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    la guerra non era finita.
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    C’era ancora quella proposta di legge.
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    Oprah era solo un passaggio intermedio.
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    Quella proposta era ciò che contava;
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    era l’obiettivo su cui avevamo puntato i nostri occhi fin dal primo giorno,
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    che ci avrebbe aiutato a porre fine alla più lunga guerra africana,
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    e che ha riunito centomila persone
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    provenienti da tutto il mondo per salvare quei bambini.
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    Ed è servito.
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    Dieci giorni dopo essere stati da Oprah,
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    la proposta di legge arrivò al Congresso.
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    Un anno dopo,
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    aveva -- all’unanimità – duecento e sessantasette
  • 10:20 - 10:22
    sostenitori al Congresso.
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    E una settimana dopo,
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    grazie alla firma del Presidente Obama
    la proposta è diventata legge.
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    (Applausi)
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    Nessuno di noi stagisti ha potuto partecipare.
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    Non abbiamo potuto presenziare quel momento.
  • 10:39 - 10:41
    I nostri fondatori erano là.
  • 10:41 - 10:42
    Sono quelli che applaudono nel fondo.
  • 10:42 - 10:43
    (Risate)
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    Ma è stato quel momento
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    a far sì che ne valesse la pena.
  • 10:48 - 10:51
    È ciò per cui centomila anonimi straordinari
  • 10:51 - 10:55
    hanno lavorato duramente per renderlo possibile.
  • 10:55 - 10:57
    I momenti Oprah, come ben sapete,
  • 10:57 - 11:00
    provano che ciò che si pensa sia impossibile può essere fatto.
  • 11:00 - 11:02
    Sono fonte d'ispirazione, rafforzano la fiducia in noi stessi.
  • 11:02 - 11:04
    Ma il momento non è un movimento.
  • 11:04 - 11:06
    Anche tanti di quei momenti insieme
  • 11:06 - 11:08
    non fanno un movimento.
  • 11:08 - 11:09
    Ciò che dà energia a un movimento
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    sono gli anonimi straordinari che operano dietro le quinte.
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    Sapete, a me,
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    quello che mi ha spinto ad andare avanti
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    era il pensiero di quei bambini soldato.
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    Era una questione personale.
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    A un certo punto sono riuscita ad andare in Africa.
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    Ho conosciuto quelle incredibili persone.
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    Ho amici
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    che hanno vissuto questo conflitto tutta la vita
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    e per me era una questione personale.
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    Ma non è questo che deve motivare voi.
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    Sapete, potreste voler essere il prossimo Shepard Fairey
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    o la prossima J.K. Rowling
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    oppure chiunque altro vogliate, non importa;
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    ma qualunque cosa vogliate fare, inseguitela
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    con ogni mezzo a vostra disposizione --
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    non per la fama o la fortuna,
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    ma solo perché è ciò in cui credete.
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    Perché è ciò che vi riempie il cuore,
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    ciò che vi fa ballare di gioia,
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    ciò che definirà la nostra generazione --
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    quando iniziamo a inseguire
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    le cose che amiamo
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    e a desiderare di lottare per esse.
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    A scuola davo troppa importanza
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    a ciò che la gente pensava di me.
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    Ecco cos'è speciale di questa conferenza.
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    Molti di voi sono così giovani.
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    Trovate ciò che vi motiva,
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    che amate e inseguitelo.
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    Lottate per averlo.
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    Perché è così che si cambia il mondo
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    ed è questo che ci definisce.
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    Malgrado ciò che dicono gli altri,
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    i miei momenti Oprah, il mio essere qui al TED
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    non mi definiscono.
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    Perché se veniste a Los Angeles dove vivo,
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    mi vedreste servire ai tavoli,
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    e a fare da baby-sitter per mantenermi
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    mentre inseguo il mio sogno di diventare una cineasta.
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    Nei piccoli, anonimi e monotoni gesti
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    di ogni singolo giorno,
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    devo ricordarmi di essere straordinaria.
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    E credetemi, quando la porta è chiusa,
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    e le videocamere sono spente, è dura.
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    Ma se c’è qualcosa che desidero portiate a casa con voi,
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    una cosa che posso dire
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    non solo a voi ma anche a me stessa
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    è che sono i gesti che ci rendono straordinari,
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    non i momenti Oprah.
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    Grazie.
Title:
TEDxTeen - Natalie Warne - Essere giovani e lasciare il segno
Description:

A 18 anni, Natalie Warne, grazie al lavoro svolto per il movimento Invisible Children, è diventata una eroe per i giovani attivisti. La sua storia ispiratrice ci ricorda che nessuno è troppo giovane per cambiare il mondo.

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDxTalks
Duration:
12:52

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