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John Maeda: Il contributo di arte, tecnologia e design alla leadership creativa

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    Devo dirvi che sono davvero felice di trovarmi qui.
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    So che sono presenti più di 80 nazionalità tra il pubblico,
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    quindi devo adottare un nuovo modello per poter parlare
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    alle diverse nazionalità.
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    Sono sicuro che anche da voi c'è questo rito,
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    il colloquio tra genitori e insegnanti.
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    Avete sentito parlare della conferenza genitori-insegnanti?
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    Non quella dei vostri ragazzi, ma quella che vi riguardava da vicino,
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    quando i vostri genitori venivano convocati a scuola
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    per parlare con gli insegnanti, ed era imbarazzante.
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    Bene, ricordo che per i colloqui di terza elementare
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    c'era mio padre, che di solito non prende permessi,
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    lui è il classico operaio, un immigrato della classe lavoratrice,
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    che vuole sapere dell'andamento scolastico del figlio,
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    e il mio maestro gli disse:
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    "Sa, John va bene in matematica e in arte."
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    E lui gli fece un cenno col capo, sapete?
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    Il giorno dopo lo sentii dire a un cliente
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    del nostro negozio di tofu, "Sa, John va bene in matematica."
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    (Risate)
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    Mi ha sempre colpito, in tutta la mia vita.
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    Perché papà non ha detto arte? Per quale motivo?
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    Perché? Me lo sono chiesto per tutta la vita,
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    e va bene così, perché essere bravo in matematica
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    spinse mio padre a comprarmi un computer, e alcuni di voi ricorderanno
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    questo computer, il mio primo computer.
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    Chi possedeva un Apple II? Gli utenti dell'Apple II, chiaro.
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    Come ricorderete, l'Apple II non era in grado di fare nulla.
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    Lo accendevate, scrivevate qualcosa e il testo appariva in verde.
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    Il più delle volte vi diceva che stavate sbagliando.
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    Questo era il computer che conoscevamo.
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    Era un computer che ho imparato a conoscere
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    al MIT, il sogno di mio padre. E al MIT, comunque,
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    ho appreso tutto sui computer, a qualsiasi livello,
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    e poi sono andato alla scuola d'arte per allontanarmi dai computer,
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    e ho iniziato a concepire il computer più come
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    uno spazio spirituale per il pensiero.
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    Allora ero influenzato dalla performance art --
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    questo 20 anni fa. Ho creato un computer usando la gente.
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    L'avevo chiamato l'Esperimento del Computer a Funzionamento Umano.
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    C'era il power manager, il driver del mouse, la memoria, ecc.,
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    e l'ho creato a Kyoto, l'antica capitale del Giappone.
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    C'era una stanza divisa a metà.
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    Accendevo il computer,
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    e c'erano degli assistenti che prendevano un floppy gigante
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    fatto di cartone, e lo inserivano nel computer.
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    E la persona che rappresentava il drive disco lo indossava. (Risate)
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    E questa cercava i dati nel primo settore del disco,
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    e trasmetteva i dati dal disco al bus, certamente.
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    E il bus li portava diligentemente al computer,
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    nella memoria, al CPU, al VRAM, ecc.,
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    e il computer funzionava davvero. Questo è un bus, chiaro. (Risate)
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    E sembrava veloce. Quello è il driver del mouse,
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    dove c'è XY. (Risate)
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    Sembra che le operazioni fossero rapide, ma in effetti
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    era un computer molto lento, e quando mi resi conto
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    di quanto fosse lento rispetto a un computer vero e proprio,
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    cominciai a pensare ai computer e alla tecnologia in generale.
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    Dunque oggi vi parlerò di tre cose, in sostanza.
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    Le prime tre parlano di come cominciai a interessarmi
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    alla tecnologia, al design e all'arte, e delle loro connessioni,
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    di come si sovrappongono, e la quarta parla di un argomento
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    che mi sta a cuore da quattro anni, da quando
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    sono Presidente dell'Island School of Design: la leadership.
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    E vi dirò di come ho cercato di combinare
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    queste quattro aree in modo sintetico, sperimentale.
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    Partiamo dalla tecnologia,
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    la tecnologia è una cosa meravigliosa.
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    Quando è uscito l'Apple II, in effetti non riusciva a fare niente.
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    Poteva mostrare del testo,
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    e dopo un po' di attesa uscivano fuori delle immagini.
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    Ricordate quando i computer generavano quelle prime
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    immagini bellissime e piene di colori?
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    E poi, qualche anno dopo, l'audio con qualità CD.
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    Era incredibile. Potevi ascoltare musica dal pc.
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    E poi i film su CD-ROM. Era stupefacente.
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    Ricordate quanto era emozionante?
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    E poi l'arrivo dei browser. Il browser era grandioso,
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    ma era ancora primitivo, con una banda molto ristretta.
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    Prima appariva il testo, poi le immagini,
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    poi il suono con qualità CD dalla Net,
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    poi i film su Internet. Proprio incredibile.
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    E poi l'avvento del cellulare,
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    testo, immagini, audio, video. E ora abbiamo iPhone,
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    iPad, Android, con testo, video, audio, ecc.
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    Riuscite a vedere questo piccolo schema?
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    Forse ci siamo bloccati in una specie di routine,
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    e negli ultimi 10 anni mi sono chiesto quali fossero le potenzialità
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    offerte dai computer,
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    esplorando il design, il modo in cui comprendiamo le cose,
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    e cercando di capirlo con la tecnologia, cosa che mi appassiona.
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    Vi darò una breve lezione di design usando questo piccolo esperimento.
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    I designer parlano della relazione tra forma
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    e contenuto, contenuto e forma. Ma cosa vuol dire?
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    Bene, il contenuto è rappresentato da questa parola: fear (paura).
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    Una parola di 4 lettere. Una parola che trasmette malessere.
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    E' scritta col carattere Light Helvetica, così non stressa,
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    e se la scrivete in Ultra Light Helvetica
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    sembra quasi dire: "Ok, paura, chi se ne importa?" Giusto? (Risate)
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    Prendete lo stesso carattere e ingranditelo,
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    e all'improvviso, ahi, fa male. Paura.
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    Così vedete che appena modificate la scala,
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    modificate la forma. Il contenuto è lo stesso, ma lo percepite diversamente.
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    Se per esempio modificate l'aspetto del carattere, così,
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    diventa divertente. Come i caratteri pirateschi,
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    come quello del Capitano Jack Sparrow. Arrr! Paura!
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    Ma dai, questo non fa paura, Anzi sembra divertente.
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    O come questo qui, tipo nightclub. (Risate)
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    Come dire, dobbiamo andare al Fear. (Risate)
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    Proprio incredibile, vero? (Risate) (Applausi)
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    Semplicemente, la forma cambia il contenuto.
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    Oppure fate questo - le lettere sono distanziate,
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    poi le ammassate come sul ponte del Titanic,
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    e provate dispiacere per loro, come dire, sento la paura.
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    Vi comunicano delle sensazioni.
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    Oppure cambiate il carattere in qualcosa di simile.
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    Di classe. Come quel ristorante di lusso, Fear,
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    in cui non riesco mai a entrare. (Risate)
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    Proprio incredibile, Paura. Forma e contenuto.
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    Se in quel contenuto provate a cambiare una lettera,
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    otterrete una parola che suona molto meglio: free (libero).
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    "Free" è una grande parola. La potete servire in quasi tutti i modi.
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    In grassetto è come dire: libero come Mandela.
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    È come dire sì, mi sento libero.
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    Scritto in even light sembra 'ah, posso respirare liberamente'.
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    Bella sensazione. Oppure l'even light esteso,
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    come dire 'ah, posso respirare senza difficoltà'.
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    E se aggiungo uno sfondo azzurro e una colomba,
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    ecco che mi sento libero come Don Draper. (Risate)
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    Come vedete, forma, contenuto e design funzionano così.
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    È qualcosa di potente. Quasi una magia,
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    come quelle dei prestigiatori di TED. È magia.
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    E il design la rende possibile.
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    Mi ha sempre incuriosito la reciproca influenza di design e tecnologia,
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    e ora vi mostrerò dei miei vecchi lavori che in realtà
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    non mostro più a nessuno, per farvi capire ciò che facevo.
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    Ecco -- sì-
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    Ho fatto un mucchio di cose negli anni '90.
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    Questo è un quadrato che reagisce al suono.
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    La gente mi chiede perché l'abbia fatto. Non c'è un perché. (Risate)
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    Ma mi piaceva l'idea di un quadrato
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    che reagisse alle mie sollecitazioni; i miei figli erano piccoli,
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    e loro giocavano con queste cose, e facevano "Oooh,"
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    sapete, dicevano, "Papà, oooh, oooh." Sapere, cose del genere.
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    Andammo in un computer store, e volevano fare la stessa cosa.
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    E mi dissero, "Papà, perché questo computer non reagisce al suono?"
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    Era in quel periodo che mi chiedevo per quale motivo il computer non reagisse ai suoni.
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    E allora decisi di fare questo tipo di esperimento.
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    E poi ho trascorso molto tempo nell'ambito
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    della grafica interattiva e cose del genere, e ho smesso di interessarmene
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    perché i miei studenti al MIT lo facevano molto meglio di me,
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    e così dovetti appendere il mouse al chiodo.
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    Ma nel '96 ho creato il mio ultimo lavoro. Era in bianco e nero,
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    del tutto monocromatico, usando la matematica degli integrali.
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    Si chiama "Tap, Type, Write."
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    Era il mio tributo alla fantastica macchina da scrivere
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    che usava sempre mia madre quando faceva la segretaria legale.
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    Ha 10 varianti. (Rumore di battitura)
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    (Rumore di battitura)
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    Ecco le maiuscole.
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    Dieci varianti. Questo è per far ruotare la lettera.
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    (Rumore di battitura)
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    Questo è come un anello di lettere. (Rumore di battitura)
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    Era 20 anni fa, perciò è un po' --
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    Vediamo, questo è --
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    Amo il film francese "Il pallone rosso."
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    Un grande film, vero? Lo adoro. Dunque,
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    qui ci sto giocando un po' (rumore di battitura e suono del campanello).
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    Dà pace, così. (Risate)
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    Vi faccio vedere un'ultima cosa. Riguarda il concetto di armonia.
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    Scrivere a macchina è piuttosto stressante,
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    ma con questa tastiera è più armonioso.
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    (Risate)
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    Se premete la G la vita è ok, per cui dico sempre
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    "Premi la G e tutto andrà bene."
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    Grazie. (Applausi)
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    Grazie.
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    Era 20 anni fa,
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    e cominciavo a interessarmi di arte.
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    Come presidente del RISD mi sono calato profondamente
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    nell'arte, una cosa fantastica, bella, pura.
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    Sapete, quando la gente dice: "Non capisco l'arte.
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    Non ci capisco nulla." Vuol dire che funziona, davvero.
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    L'arte deve essere enigmatica, così quando dite
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    "Non la capisco," beh, è stupendo. (Risate)
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    Questo perché l'arte vuole creare degli interrogativi,
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    domande a cui magari non si sa rispondere.
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    Al RISD abbiamo questa struttura incredibile,
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    il laboratorio naturalistico Edna Lawrence. Ci sono 80.000
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    campioni di animali, ossa, minerali e piante.
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    Sapete, a Rhode Island, se per strada investono un animale,
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    veniamo chiamati e andiamo a recuperarlo.
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    A che serve il nostro laboratorio?
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    E' che al RISD dobbiamo poter vedere l'animale in carne ed ossa,
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    l'oggetto, per comprenderne e percepirne il volume.
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    Al RISD non vi fanno disegnare partendo da un'immagine.
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    E molti mi chiedono, John, perché non digitalizzi tutto?
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    Renderlo tutto digitale? Non sarebbe meglio?
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    E io spesso rispondo, beh, c'è qualcosa di buono
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    in come si facevano le cose. Qualcosa di molto diverso,
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    in effetti dovremmo cercare di capire cosa c'era di buono
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    nel fare le cose in quel modo, anche oggi.
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    C'è un mio caro amico, un artista dei media, si chiama
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    Tota Hasegawa. Lavora a Londra, anzi no, adesso a Tokyo,
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    ma quando stava a Londra faceva un gioco
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    con sua moglie. Andava nei negozi di antiquariato,
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    e il gioco consisteva in questo:
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    ogni qualvolta adocchiavano un oggetto interessante
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    chiedevano al negoziante la storia di quell'oggetto,
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    e se il racconto era di loro gusto, l'acquistavano.
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    Ad esempio andavano al negozio e guardavano questa tazza,
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    e dicevano, "Ci dica qualcosa di questa tazza."
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    E il negoziante, "E' vecchia." (Risate)
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    "Ci dica di più." "Beh, è davvero vecchia." (Risate)
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    E si era accorto che, sempre, il valore dell'antichità
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    dipendeva da quanto fosse datata.
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    Come artista dei nuovi media, rifletteva dicendo,
  • 11:00 - 11:03
    sapete, ho sempre cercato di creare nuova arte mediatica.
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    Mi dicono, "Wow, ma che cos'è la tua arte?" Fa parte dei nuovi media.
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    E si è reso conto che non si trattava di vecchio o nuovo.
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    Ma di una via di mezzo.
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    Non è come "vecchio=sporco" e "nuovo=la nube". Ma di cosa sia buono.
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    Laddove c'è contaminazione tra nube e sporco, là c'è azione.
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    Lo vedete dappertutto oggi, nelle opere d'arte
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    e nelle attività commerciali più interessanti. Come combiniamo
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    le due cose per farne una buona, è molto interessante.
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    Dunque l'arte pone interrogativi,
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    e per essere leader occorre fare molte domande.
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    Noi non funzioniamo più in modo semplice.
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    Non ci sono più dei semplici regimi autoritari.
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    A proposito di autoritarismi, mi trovavo in Russia,
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    a San Pietroburgo, per visitare un monumento nazionale,
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    e vidi un'insegna con su scritto "Non calpestare il prato",
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    e pensai, siccome io parlo inglese,
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    il messaggio è diretto solo a me. Non è giusto.
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    Ma c'era anche un cartello per i Russi,
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    per me il migliore tra i cartelli di divieto.
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    In pratica diceva "Vietato nuotare, fare autostop, fare qualsiasi cosa".
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    Il mio preferito è "vietato portare piante". Perché mai lo si dovrebbe fare? non è chiaro.
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    E anche "vietato amare". (Risate)
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    Questo è autoritarismo.
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    E che cos'è, come struttura?
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    E' una gerarchia. Sappiamo tutti come molti sistemi oggi
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    siano basati sulla gerarchia, ma sappiamo anche che ormai non funziona più.
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    Al posto di un albero perfetto, oggi c'è una rete.
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    Una eterarchia invece di una gerarchia. Sembra buffo.
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    E così oggi, credo, i leader si chiedono
  • 12:36 - 12:37
    come poter essere leader in un modo diverso.
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    E' il lavoro condotto con la mia collega Becky Bermont
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    sulla leadership creativa. Che cosa possiamo imparare
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    da artisti e designer su come essere dei leader?
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    Perché per molti aspetti un leader vuole evitare di commettere errori.
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    Ma un creativo adora imparare dagli errori commessi.
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    Il leader tradizionale vuol sempre avere ragione,
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    il leader creativo spera di avere ragione.
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    Questo schema è importante oggigiorno, in questo spazio complesso
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    e ambiguo, e artisti e designer hanno molto da insegnarci.
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    Degli amici mi hanno recentemente invitato a uno show a Londra,
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    in cui dovevo rimanere seduto per quattro giorni
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    in un box con della sabbia, e ho accettato volentieri.
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    E così sono rimasto seduto lì per quattro giorni di fila,
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    sei ore al giorno, con appuntamenti di sei minuti con la gente comune,
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    ed è stata una faticaccia.
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    Ma ascoltavo la gente, i loro problemi,
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    disegnavo nella sabbia per cercare di capire,
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    ed era difficile capire cosa stesse succedendo.
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    Capite? Solo questi incontri faccia a faccia per quattro giorni.
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    Avevo la sensazione di essere come un presidente.
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    Come dire, "Oh, questo è il mio lavoro, fare il Presidente, Ho tante riunioni, sapete?"
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    E una volta completata questa esperienza
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    ho compreso perché l'avessi fatto.
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    È che quello che facciamo noi leader, è creare
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    dei collegamenti improbabili, sperando che accada qualcosa,
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    e in quel box ho trovato tantissime connessioni
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    tra tanti abitanti di Londra, e dunque la leadership,
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    ossia la capacità di collegare le persone, è la grande sfida odierna.
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    Sia che vi troviate in una gerarchia che in una eterarchia,
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    si tratta di una splendida sfida di design.
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    E ho cominciato a condurre delle ricerche
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    sui sistemi che combinano tecnologia e leadership,
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    con una prospettiva artistica e di design.
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    Permettete che vi mostri un'anteprima.
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    Questa è una bozza di un'applicazione
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    che ho scritto in Python. Conoscete Photoshop?
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    Questo si chiama Powershop, e serve a concepire
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    un'organizzazione. Sapete, l'AD non si trova mai in cima.
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    Il suo posto sta nel centro dell'organizzazione.
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    Ci possono essere diverse divisioni,
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    e vorreste poter analizzare aree diverse. Ad esempio,
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    le verdi sono aree che funzionano bene, le rosse no.
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    E voi, in qualità di leader, come riuscite ad analizzare, collegare,
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    far accadere le cose? Per esempio potreste creare
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    una distribuzione qui e trovare le diverse divisioni lì,
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    e scoprire che conoscete qualcuno alla Eco, quaggiù,
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    e
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    che queste persone si trovano alla Eco, persone con cui vorreste lavorare
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    come AD, persone in aree distinte della gerarchia.
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    Parte dei compiti dell'AD è trovare connessioni
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    tra aree diverse, per cui potreste cercare nella sezione R&S,
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    e qui magari c'è qualcuno che ha competenze nelle due aree
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    richieste, quindi è qualcuno da convocare.
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    O magari vorreste poter vedere un grafico
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    su come interagite con costoro.
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    Quanti caffè bevete al giorno?
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    Con quale frequenza li chiamate o gli scrivete?
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    Qual è il tono delle loro mail? Come se la cavano?
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    I leader potrebbero usare questi sistemi
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    per ottimizzare il loro ruolo all'interno dell'eterarchia.
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    Potreste forse usare la tecnologia di Luminoso,
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    quella usata dai ragazzi di Cambridge per l'analisi profonda
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    dei testi. Qual è il tono delle vostre comunicazioni?
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    Dunque credo che questo tipo di sistemi siano importanti.
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    Sono dei sistemi di media sociali fatti su misura per i leader.
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    E credo che questo tipo di prospettiva comincerà a crescere
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    solo quando più leader entreranno nel campo dell'arte e del design,
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    perché arte e design vi consentono di pensare così,
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    trovare sistemi diversi come questi,
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    e voi avete appena cominciato a pensare in questo modo,
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    e sono contento di averlo condiviso con voi.
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    Per concludere voglio ringraziarvi tutti
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    dell'attenzione. Tante tante grazie. (Applausi)
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    (Applausi)
Title:
John Maeda: Il contributo di arte, tecnologia e design alla leadership creativa
Speaker:
John Maeda
Description:

John Maeda, Presidente della Rhode Island School of Design, parla in modo divertente e affascinante della propria esperienza lavorativa nel campo dell'arte, del design e della tecnologia, e conclude con un'immagine della leadership creativa del futuro. Vedrete i primi lavori dimostrativi di Maeda -- e perfino un computer fatto di persone.

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
16:41

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