Per una maggiore tolleranza serve più... turismo?

Aziz Abu Sarah è un attivista palestinese con un atteggiamento insolito nei confronti del mantenimento della pace: essere un turista. Il TED Fellow mostra come le semplici interazioni tra persone di culture diverse possano corrodere decenni di odio. Inizia parlando di palestinesi in visita presso degli israeliani e va oltre...

Sono un imprenditore turistico
e un promotore di pace,

ma non è così che ho iniziato.

Quando avevo sette anni,
mi ricordo che guardavo la TV,

vedevo gente che tirava sassi

e mi sembrava
una cosa divertente da fare.

Perciò sono uscito
e mi sono messo a tirare sassi,

senza sapere che avrei dovuto tirarli
alle macchine israeliane.

Invece, colpivo le macchine
dei miei vicini di casa. (Risate)

Non erano molto entusiasti
del mio patriottismo.

Questa è una foto di me e mio fratello.

Io sono il piccolino, e lo so
cosa starete pensando:

"Eri così carino,
che cavolo ti è successo?".

Mio fratello, però, che era più grande
di me, venne arrestato a 18 anni,

fu imprigionato con l'accusa
d'aver tirato dei sassi.

Quando rifiutò di confessare
d'aver tirato dei sassi, venne picchiato

perciò riportò lesioni interne

che provocarono la sua morte
poco dopo essere uscito di prigione.

Ero arrabbiato, furioso,

e tutto ciò che volevo
era vendicarmi.

Ma tutto è cambiato a 18 anni.

Ho deciso che dovevo imparare
l'ebraico per trovare un lavoro

e quando ho iniziato a studiare
l'ebraico in quella classe

ho incontrato per la prima volta
ebrei che non fossero soldati.

E ci siamo trovati in sintonia
sulle piccole cose,

per esempio il mio amore
per la musica country,

una cosa molto strana
per un palestinese.

È stato allora che ho capito
che c'è un muro di rabbia,

di odio e di ignoranza
che ci separa.

Ho deciso che non importa
quello che mi succede.

La cosa davvero importante
è il modo in cui lo affronto.

Quindi ho deciso di dedicare la mia vita

ad abbattere i muri
che separano le persone.

Lo faccio in vari modi.

Il turismo è uno di questi, ma ci sono
anche i media e l'istruzione.

Potreste chiedervi: "Ma davvero il turismo
può cambiare le cose? Abbattere i muri?".

Sì, il turismo è il miglior modo
sostenibile per distruggere questi muri,

per creare uno strumento sostenibile
di connessione reciproca,

e per stabilire delle amicizie.

Nel 2009 ho co-fondato la Mejdi Tours,

un'impresa sociale con lo scopo
di connettere le persone,

con due amici ebrei, tra l'altro,

e quello che faremo, la nostra idea...

Per esempio, a Gerusalemme,
abbiamo due guide turistiche,

una israeliana e l'altra palestinese,
che lavorano insieme,

e raccontano la storia
e l'archeologia e i conflitti

da due punti di vista
completamente diversi.

Ricordo di aver fatto da guida,
con un'amica di nome Kobi,

a una congregazione ebrea di Chicago,
la gita era a Gerusalemme.

Li abbiamo portati in un campo
di rifugiati palestinesi,

dove ci hanno servito
del cibo buonissimo.

Tra l'altro, questa è mia madre.
È fortissima.

E quello è un piatto palestinese
che si chiama maqluba, cioè "sottosopra".

Si cucina con riso e pollo
e poi si capovolge sottosopra.

È il miglior cibo del mondo.

Abbiamo mangiato insieme,
poi c'era un gruppo

di musicisti israeliani e palestinesi
e abbiamo ballato la danza del ventre.

Se non sapete come si fa,
posso insegnarvelo più tardi.

Ma quando ce ne siamo andati,
da entrambe le parti,

tutti piangevano perché
non volevano andarsene.

Tre anni dopo,
quelle amicizie esistono ancora.

Immaginate se quel miliardo di persone

che viaggia all'estero ogni anno,
viaggiasse in questo modo.

Senza andare in autobus
da un posto all'altro,

da un albergo all'altro,

senza scattare foto alle persone
e alla loro cultura dal finestrino,

ma entrando veramente
in contatto con le persone.

Mi ricordo di un gruppo musulmano
proveniente dall'Inghilterra,

che è andato a casa
di una famiglia ebrea ortodossa,

e ha mangiato la sua prima cena
del venerdì, la cena del Sabbath.

Hanno mangiato lo hamin,
uno stufato ebreo,

e dopo un po' hanno realizzato...

che cento anni fa
le loro famiglie erano venute

dallo stesso luogo dell'Africa del Nord.

Non si tratta di una foto
per il profilo di Facebook.

Non è turismo del disastro.

Questo è il futuro del viaggiare,

e vi invito ad unirvi a me,
a cambiare il vostro modo di viaggiare.

Lo facciamo in tutto il mondo,

dall'Irlanda, all'Iran, alla Turchia,

e andremo ovunque per cambiare il mondo.

Grazie.

(Applausi)