Un guerriero per i nostri tempi. Combattiamo con l'empatia | Damien Mander | TEDxSydney

Il trentatreenne Damien Mander ha servito in Australia nel ruolo di franco tiratore nelle operazioni speciali e in quello di sommozzatore artificiere della Marina. Durante il proprio stanziamento in Iraq ha ricoperto la funzione di responsabile del progetto all'interno dell'Iraq Special Police Training Academy, sovrintendendo all'addestramento di più di 700 cadetti alla volta. Dopo 3 anni in prima linea nella guerra in Iraq, nel 2008 ha deciso di andarsene, senza alcuna meta. Un viaggio in Africa l'ha portato a diretto contatto con gli orrori che gli animali selvatici si ritrovano a subire in tutto il mondo. Liberatosi di tutti i propri averi accumulati durante 12 stazionamenti in servizio, ha fondato la International Anti-Poaching Foundation. L'organizzazione si occupa dell'addestramento dei ranger, delle operazioni anti-bracconaggio e dell'integrazione della tecnologia moderna con la tutela degli animali selvatici.
Da ex- soldato, oggi l'australiano si è trasformato in attivista per la salvaguardia dell'ambiente. Egli parla apertamente della difesa e della protezione della natura e delle nostre priorità in un mondo privo di certezze. L'opera di Damien è apparsa su National Geographic Magazine, 60 Minutes, Animal Planet, Al Jazeera, Voice of America, Forbes, Sunday Times e Good Weekend Magazine.

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La mia storia ha inizio nello Zimbabwe

con un coraggioso ranger di nome Orpheus

e un bufalo ferito.

Orpheus guardò il bufalo a terra,
poi guardò me.

I nostri occhi si incontrarono

e una tristezza inesprimibile
aleggiò su noi tre.

Era una splendida creatura,
selvaggia e innocente.

Orpheus le puntò
la canna del fucile all'orecchio.

(Sparo)

Fu in quel momento
che lei cominciò a partorire.

Mentre la vita abbandonava
quel piccolo prematuro,

esaminammo le ferite della madre.

La zampa posteriore
le era rimasta imprigionata

in una trappola a 8 cavi di metallo.

Si era battuta per liberarsi,
con tanta furia e tanto a lungo

da aprirsi in due il bacino.

Ora era finalmente libera.

Signore e signori, oggi io provo
un enorme senso di responsabilità

nel parlare a voi a nome di coloro
che non ne hanno mai avuto la possibilità.

La loro sofferenza è anche la mia,
è la mia motivazione.

Le parole di Martin Luther King

riassumono al meglio
la mia chiamata alle armi:

"Arriva il momento in cui ognuno di noi
deve prendere una posizione

che non è sicura, non è politica,
e non è ben vista.

Ma bisogna prenderla,

perché la nostra coscienza ci dice
che è la cosa giusta da fare".

Perché la coscienza ci dice che è giusto.

In conclusione al mio discorso
porrò a tutti una domanda,

l'unica ragione per cui oggi
sono arrivato fin qui

dalla savana africana.

È una domanda che ha redento la mia anima.

La vostra risposta a quella domanda
sarà vostra per sempre.

Ricordo quando, da bambino,
guardavo Il Mago di Oz.

La strega e le scimmie volanti
non mi facevano paura.

La mia più grande paura
era crescere come il Leone,

privo di coraggio.

E sono cresciuto chiedendomi di continuo
se sarei stato coraggioso.

Molti anni dopo il ritorno di Dorothy
nel Kansas,

e dopo che il Leone
ebbe trovato il coraggio,

io decisi di farmi tatuare, sul petto:

"Cerca e Distruggi".

Ero convinto che mi avrebbe reso
grande e coraggioso.

Ma ci sono voluti quasi 10 anni

prima che io mi identificassi
in quelle parole.

A 20 anni ero un sommozzatore
artificiere della Marina.

A 25, un franco tiratore
nelle operazioni speciali.

Sapevo esattamente
quanti gradi di elevazione

mi servivano nel mirino del fucile,

per colpire alla testa un bersaglio mobile
da una distanza di 700 m.

Sapevo esattamente quanti grammi
di esplosivo usare

per far esplodere una porta blindata
da pochi metri di distanza

senza che io o la mia squadra
dietro di me saltassimo in aria.

Sapevo che Baghdad era un posto di merda,

come sapevo che,
quando la situazione esplode,

la gente muore.

Io, allora, non avevo idea
di ciò che facesse un ambientalista,

oltre ad abbracciare gli alberi
e far incazzare le grandi aziende.

(Risate)

Sapevo che avevano i capelli rasta,
sapevo che si facevano le canne.

(Risate)

Non me ne fregava
proprio niente dell'ambiente.

Perché avrebbe dovuto?

Io ero il tipico idiota
che in macchina accelerava

per cercare di investire
gli uccelli sulla strada.

La mia vita era lontana chilometri
dall'ambientalismo.

Avevo appena passato 9 anni
a fare cose nella vita reale

che la maggior parte della gente

non oserebbe nemmeno provare
alla Playstation.

Dopo 12 viaggi in Iraq,
da cosiddetto mercenario,

ero in grado di fare bene una cosa sola,

ero programmato per distruggere.

Se adesso guardo indietro
a tutto ciò che ho fatto

e ai luoghi in cui sono stato,

nel cuore sento di aver compiuto
un unico, vero, atto di coraggio:

la semplice scelta di dire Sì o No.

È stato proprio quell'atto
a definire il mio essere,

e a confermarmi
che non ci sarà mai distinzione

tra chi sono e ciò che faccio.

Quando mi lasciai l'Iraq alle spalle
mi sentii perso.

Non avevo la minima idea

di dove stesse andando la mia vita,
né di dove mi sarei dovuto trovare.

Arrivai in Africa all'inizio del 2009.

A quel tempo avevo 29 anni.

Forse avevo sempre saputo

che avrei trovato il mio scopo

in mezzo al caos,
e fu proprio ciò che accadde.

Ma non avrei mai immaginato di trovarlo

in una zona remota del bush
dello Zimbabwe.

Eravamo di pattuglia, gli avvoltoi
ci volavano sopra la testa.

Avvicinandoci, il fetore della morte
avvolgeva l'aria

come un fitto velo nero

e ci rubava l'ossigeno dai polmoni.

Avvicinandoci ancora,
notammo un grosso maschio di elefante

adagiato sul fianco,
al quale era stato strappato il muso.

Il mondo intorno a me si fermò.

Mi sentii travolto
da uno sconvolgente senso di tristezza.

Vedere creature innocenti
uccise a quel modo

mi colpì come niente
l'aveva mai fatto prima.

Da ragazzino avevo fatto il bracconiere,
e sono ricordi che mi porterò nella tomba.

Ma il tempo mi aveva cambiato.

Nel profondo,
qualcosa non era più lo stesso.

E non lo sarà mai più.

Mi domandai:

“Quell'elefante ha bisogno del muso

più di quanto un tizio in Asia

abbia bisogno di una zanna
sulla scrivania?”

Ovvio che ne ha bisogno,

quello era irrilevante.

Tutto ciò che importava
in quel momento era:

"Sarei mai stato abbastanza coraggioso
da rinunciare a tutto nella vita,

pur di metter fine
alla sofferenza degli animali?"

Fu uno dei momenti decisivi
della mia vita:

"Sì o No?"

Contattai la mia famiglia il giorno dopo

e misi in vendita tutte le mie case.

Ci sono proprietà
che un mercenario sensato

accumula rapidamente
con i proventi di guerra.

Da allora ho usato i risparmi di una vita
per fondare e far crescere

l'International Anti-Poaching Foundation.

La IAPF è un'organizzazione
ad azione diretta

che mira a far rispettare la legge.

Dalla tecnologia dei droni
a una qualifica internazionale dei ranger,

lottiamo giorno dopo giorno
per applicare soluzioni militari

alla sottile linea verde
della tutela ambientale.

La mia storia potrebbe essere
un po' particolare,

ma non intendo servirmene
per parlarvi della mia organizzazione,

anche se sarebbe stata
una bella opportunità di raccolta fondi.

(Risate e applausi)

Ricordatevi che oggi tutto si incentra
sulla domanda che vi porrò alla fine.

Perché per me è impossibile

venire a parlarvi della tutela
dei soli animali selvatici,

quando so bene che il problema
del benessere degli animali

è molto più ampio
e pervade l'intera società.

Pochi anni dopo l'incontro
con quell'elefante,

mi svegliai presto una mattina

conoscendo già la risposta
alla domanda che mi stavo per fare,

ma era la prima volta
che la esprimevo a parole.

"Una mucca dà più valore alla propria vita

di quanto io ne dia
a una grigliata di carne?"

In tutti quegli anni ero stato colpevole
di ciò che si definisce 'specismo'.

Lo specismo è molto simile
al razzismo e al sessismo.

Implica tutta una serie
di valori differenti,

di diritti e di considerazioni speciali
verso gli individui

sulla sola base di chi o cosa essi siano.

Prendere coscienza della morale mutevole

con cui giustificavo
le mie comodità quotidiane

mi apparve disgustosa.

Non esitavo a incolpare zone dell'Asia

per la loro insaziabile brama di avorio
e di corni di rinoceronte,

e il modo in cui l'enorme
crescita economica di quelle zone

incoraggia drammaticamente
il commercio illegale degli animali.

Ma, svegliandomi quella mattina,
mi resi conto

che sebbene avessi dedicato la vita
a salvare gli animali,

nell'animo io non ero migliore
di un bracconiere,

o del tizio in Asia
con una zanna sulla scrivania.

Da 'esagerato consumatore di carne',
io alcuni animali li consideravo 'bestie',

quando in realtà la bestia ero io.

Obbediente e distruttivo,

schiavo delle mie abitudini,
voltavo le spalle alla mia coscienza.

Tutti abbiamo interagito
con animali domestici

e altri animali nella nostra vita.

E non possiamo negare di comprendere
i sentimenti di ognuno di loro.

La loro capacità di provare
dolore e solitudine.

E di provare paura.

Proprio come noi, ogni animale
è in grado di esprimere soddisfazione,

di creare legami familiari
e di voler soddisfare

i propri istinti naturali
e i propri desideri.

Tuttavia, molti di noi

non permettono alla propria immaginazione
di esplorare oltre,

evitando che la verità venga
a infastidire le nostre abitudini.

La mancanza del nesso
tra il consumare un prodotto

e le realtà con le quali
il prodotto arriva sul mercato

è degno di nota.

Gli animali vengono definiti merce
e considerati una proprietà.

Chiamiamo assassinio
l'uccisione di un essere umano

ma creiamo industrie, legali e illegali,

fondate su quanto chiameremmo tortura
se l'uomo ne fosse vittima.

E paghiamo delle persone
per fare delle cose agli animali

che nessuno di noi oserebbe fare
di mano propria.

Solo perché non lo vediamo
con i nostri occhi

non vuol dire
che non ne siamo responsabili.

Peter Singer, colui che ha diffuso
il termine specismo, ha scritto:

"Sebbene possano esistere differenze
tra animali ed esseri umani

tutti soffriamo in egual modo.

E noi dobbiamo prestare
la medesima considerazione

alla loro sofferenza.

Ogni posizione che permetta di trattare

situazioni simili
secondo criteri differenti

non può qualificarsi
come teoria morale plausibile".

Quest'anno, 65 miliardi di animali

verranno uccisi
negli allevamenti intensivi.

Quante vite animali
vale la vita di un essere umano?

In media, tra i presenti,
chi consuma carne

finirà per mangiare 8.000 animali
nel corso della propria esistenza.

Inquinamento degli oceani,
riscaldamento globale, deforestazione,

ci stanno portando
verso la prossima estinzione di massa

e di tutti questi fenomeni,
l'industria della carne

è la fonte di danno maggiore.

Oggi il traffico illegale
di animali selvatici

rappresenta uno dei principali
mercati criminali al mondo.

È ai primi posti con il traffico di droga,
di armi e di esseri umani.

La capacità di fermare tale devastazione

giace nella volontà
di una comunità internazionale

di intervenire e salvare
una risorsa globale che sta morendo.

Gli esperimenti sugli animali:

se gli animali sono tanto simili a noi

da poter sostituire
e prendere il nostro posto,

allora senza dubbio possiedono
le nostre caratteristiche.

Questo non significa, allora,

che anche a loro
va risparmiata la sofferenza?

Che si parli di allevamenti intensivi,

di trasporto di animali vivi,

di bracconaggio o di mercato di pellicce,

va da sé che, per me,
non esiste alcuna differenza.

La sofferenza è sofferenza,

e l'assassinio è assassinio.

E più inerme è la vittima

più orrendo è il crimine.

La prossima volta che considererete
un amante degli animali troppo emotivo,

troppo appassionato e anche un po' folle,

vi prego di ricordare

che noi vediamo le cose
con occhi differenti.

Tra pochi giorni nascerà mio figlio.

E io mi trovo a domandarmi:

"In che razza di mondo
sta per mettere piede?"

Saremo noi la generazione che sancirà
il fallimento della nostra specie?

Sono convinto che la nostra generazione
sarà giudicata

per il coraggio morale che dimostrerà
nel proteggere ciò che è giusto,

e che ogni azione di valore
richiede un certo livello di sacrificio.

Bene, ora io offro me stesso,
senza riserve, agli animali.

E quando mi sarò liberato
di tutti i beni materiali,

mi renderò conto
che anch'io sono un animale.

Siamo una famiglia.
Insieme, sullo stesso pianeta.

E dei 5 milioni di specie su quel pianeta,

solo una ha il potere di determinare

quale livello di sofferenza
sia accettabile

per tutte le altre creature senzienti.

Sia che si tratti di consumare meno carne,

di contribuire alla lotta al bracconaggio
o di dare voce a chi non ne ha,

tutti noi possiamo fare delle scelte.

E i piccoli cambiamenti nella nostra vita

significano grandi cambiamenti
nelle vite di altri.

E ora torniamo all'inizio.

La ragione per cui mi trovo qui
è la domanda che voglio fare a voi:

la prossima volta che avrete l'opportunità
di fare la differenza per gli animali

sarete abbastanza coraggiosi?

Sì o no?

Grazie di cuore.

(Applausi)