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David Anderson: Il vostro cervello non è solo un sacco di elementi chimici

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    Alzi la mano chi conosce qualcuno
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    in famiglia o nella propria cerchia di amici
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    che soffre di una malattia mentale.
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    Già. Come pensavo. Non mi sorprende.
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    E alzi la mano chi pensa che
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    ricerche di base sui moscerini della frutta abbiano a che fare
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    col comprendere la malattia mentale negli umani.
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    Già. Come pensavo. Non mi sorprende nemmeno questo.
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    Vedo che qui c'è pane per i miei denti.
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    Come abbiamo sentito stamattina dal Dr. Insel,
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    disordini psichici come autismo, depressione e schizofrenia
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    esigono un tributo enorme di sofferenza umana.
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    Sappiamo molto meno sui trattamenti possibili
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    e la comprensione dei loro meccanismi di base
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    di quanto sappiamo sulle malattie del corpo.
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    Pensateci: nel 2013,
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    la seconda decade del millennio,
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    se temete di avere il cancro
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    e andate dal medico, vi fanno la tac,
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    biopsie ed esami del sangue.
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    Nel 2013, se temete di avere la depressione,
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    andate dal medico, e cosa vi danno?
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    Un questionario.
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    Ora, in parte questo accade perché abbiamo
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    un visione semplicistica e sempre più antiquata
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    dei presupposti biologici dei disordini psichiatrici.
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    Tendiamo a vederli -
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    e la stampa divulgativa aiuta e appoggia questa visione -
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    come degli squilibri chimici nel cervello,
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    come se il cervello fosse una specie di contenitore di zuppa chimica
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    piena di dopamina, serotonina e norepinefrina.
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    Questa visione è condizionata dal fatto
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    che molti medicinali prescritti per curare tali disordini,
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    come il Prozac, agiscono modificando la chimica cerebrale,
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    come se il cervello fosse davvero un contenitore di zuppa chimica.
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    Ma non può essere questa la risposta,
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    perché questi medicinali non funzionano poi tanto bene.
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    Molte persone non li vogliono, o smettono di prenderli,
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    a causa di sgradevoli effetti collaterali.
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    Questi medicinali hanno tanti effetti collaterali
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    perché usarli per trattare un disordine psichico complesso
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    è un po' come cercare di cambiare l'olio alla macchina
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    aprendo una lattina e versando olio su tutto il motore.
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    Un po' sgocciolerà nel posto giusto,
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    ma parecchio farà più male che bene.
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    Ora, sta emergendo una teoria
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    che avete sentito dal Dr. Insel stamattina,
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    secondo cui i disordini psichici in realtà sono
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    disturbi dei circuiti neurali che mediano
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    l'emozione, l'umore e l'affettività.
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    Quando pensiamo alla cognizione,
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    paragoniamo il cervello a un computer. Senza problemi.
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    Pare che l'analogia con il computer
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    funzioni anche per l'emozione.
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    E' solo che di solito non ce la raffiguriamo così.
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    Ma sappiamo molto meno delle basi circuitali
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    dei disordini psichici
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    a causa della preponderanza spaventosa
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    di questa ipotesi di sbilanciamento chimico.
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    Ora, non è che gli elementi chimici non siano importanti
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    nei disordini psichici.
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    E' solo che non infradiciano il cervello come zuppa.
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    Piuttosto, vengono liberati in punti molto specifici
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    e agiscono su sinapsi specifiche
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    per cambiare il flusso d'informazioni nel cervello.
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    Perciò se vogliamo davvero capire
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    le basi biologiche dei disordini psichici,
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    dobbiamo identificare questi punti del cervello
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    in cui agiscono gli elementi chimici.
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    Altrimenti, continueremo a versare olio su tutto il motore mentale
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    e subirne le conseguenze.
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    Ora per iniziare a sconfiggere la nostra ignoranza
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    sul ruolo della chimica cerebrale nel circuito cerebrale,
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    è utile lavorare su quelli che i biologi chiamano
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    "organismi campione",
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    animali come i moscerini della frutta e i topi di laboratorio,
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    su cui possiamo applicare importanti tecniche genetiche
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    per indentificare e individuare a livello molecolare
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    classi specifiche di neuroni,
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    come avete sentito nella conferenza di Allan Jones stamattina.
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    In più, una volta che possiamo fare questo,
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    possiamo attivare dei neuroni specifici
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    o distruggerne o inibirne l'attività.
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    Così se inibiamo un particolare tipo di neurone,
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    e scopriamo che azzera quel comportamento,
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    possiamo concludere che quei neuroni
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    sono necessari per quel comportamento.
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    D'altro canto, se attiviamo un gruppo di neuroni
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    e scopriamo che producono un comportamento,
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    possiamo concludere che tali neuroni sono sufficienti a quel comportamento.
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    In tal modo, eseguendo test di questo tipo,
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    possiamo stabilire rapporti di causa e effetto
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    tra l'attività di neuroni specifici
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    in particolari circuiti e particolari comportamenti,
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    qualcosa di estremamente difficile, se non impossibile,
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    da fare negli esseri umani in questo momento.
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    Ma può un organismo come il moscerino della frutta, che è --
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    è un fantastico organismo campione
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    perché ha un cervello piccolo,
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    è capace di comportamenti complessi e sofisticati,
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    si riproduce in fretta, e costa poco.
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    Ma un organismo come questo può
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    insegnarci qualcosa sugli stati di tipo emotivo?
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    Questi organismi hanno stati di tipo emotivo,
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    o sono solo una specie di robottini digitali?
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    Charles Darwin credeva che gli insetti provassero emozioni
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    e le esprimessero nel comportamento, come scrisse
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    nella monografia del 1872 sull'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali.
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    E anche il mio collega eponimo, Seymur Benzer, ci credeva.
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    Fu Seymur a introdurre l'uso della drosofilla (moscerino dell'aceto)
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    qui al CalTech negli anni Sessanta come organismo campione
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    per studiare il rapporto tra geni e comportamento.
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    Seymour mi ingaggiò nel CalTech alla fine degli anni Ottanta.
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    E' stato il mio Jedi e il mio rabbì per tutto il tempo che è stato qui,
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    e Seymour mi ha insegnato sia ad amare i moscerini
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    che a giocare con la scienza.
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    Quindi come porre questa domanda?
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    Una cosa è credere che i moscerini abbiano stati di tipo emotivo,
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    ma come facciamo a scoprire se è vero?
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    Ora, negli esseri umani spesso indoviniamo gli stati emotivi,
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    come sentirete più tardi, dalle espressioni facciali.
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    Però, è un po' difficile farlo con i moscerini della frutta.
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    (Risate)
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    E' un po' come atterrare su Marte
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    e guardare fuori della finestra dell'astronave
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    gli omini verdi che la circondano
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    e cercare d'indovinare, "Come faccio a scoprire
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    se hanno o meno emozioni?"
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    Che possiamo fare? Non è così facile.
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    Uno dei modi in cui possiamo cominciare
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    è cercare di stabilire alcune carateristiche generali
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    o proprietà degli stati di tipo emotivo
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    come l'eccitazione, e cercare
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    un qualche comportamento dei moscerini che mostri tali proprietà.
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    Tre proprietà importanti che mi vengono in mente
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    sono la persistenza, le gradazioni d'intensità, e la valenza.
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    Persistenza significa che dura a lungo.
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    Sappiamo tutti che lo stimolo che suscita un'emozione
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    fa sì che questa perduri molto dopo che lo stimolo è cessato.
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    Gradazioni d'intensità significa proprio quello che sembra.
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    Possiamo sintonizzarci sulle alte o basse frequenze di un'emozione.
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    Se siete un po' tristi, gli angoli della bocca
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    si curvano verso il basso e tirate su col naso,
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    e se siete davvero infelici, scorrono le lacrime
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    e forse singhiozzate.
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    Valenza significa buona o cattiva, positiva o negativa.
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    Perciò decidemmo di verificare se riuscivamo a provocare nei moscerini
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    il genere di comportamento che vedete
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    nella proverbiale vespa al pic-nic,
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    sapete, quella che continua a tornare sul vostro hamburger
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    e più cercate di scacciarla più torna,
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    e sembra irritarsi sempre più.
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    Abbiamo costruito un congegno, che chiamiamo tappeto-a-sbuffo,
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    in cui possiamo far uscire sbuffi d'aria contro i moscerini della frutta
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    in dei tubi nel nostro banco di laboratorio
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    e soffiarli via.
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    E abbiamo scoperto che se sottoponiamo i moscerini
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    nel tappeto-a-sbuffo a molti sbuffi di fila,
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    diventano come iperattivi
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    e continuano ad agitarsi per un po' dopo che gli sbuffi d'aria si sono arrestati
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    e ci mettono un po' a calmarsi.
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    Così abbiamo quantificato il comportamento
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    usando un software di tracciamento di locomozione
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    sviluppato dal mio collaboratore Pietro Perona,
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    che fa parte del dipartimento di ingegneria elettrica qui al CalTech.
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    E questa quantificazione ci ha mostrato che,
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    sperimentando una sequenza di sbuffi d'aria,
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    i moscerini sembrano entrare un una specie di stato di iperattività
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    che è persistente, duraturo
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    e sembra anche avere diversi livelli.
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    Più sbuffi, o sbuffi più intensi,
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    fanno sì che quello stato duri più a lungo.
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    A quel punto volevamo cercare di capire
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    cosa controlli la durata di questo stato.
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    Decidemmo di usare il nostro tappeto-a-sbuffo
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    e il nostro software di tracciatura automatica
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    per analizzare centinaia di tracciati di moscerini mutanti
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    per cercare qualsiasi risposta anomala agli sbuffi d'aria.
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    E i moscrini della frutta hanno questo di straordinario.
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    Ci sono depositi che puoi semplicemente chiamare
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    e ordinare centinaia di boccette di moscerini con diverse mutazioni
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    e analizzarli a campione e scoprire
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    quale gene viene influenzato dalla mutazione.
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    Così facendo le analisi, abbiamo scoperto un mutante
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    che impiegava molto più tempo degli altri a calmarsi
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    dopo gli sbuffi,
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    e quando abbiamo esaminato il gene influenzato da questa mutazione,
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    scoprimmo che era collegato a un ricettore di dopamina.
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    E' così -- i moscerini, come le persone, hanno la dopamina,
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    e agisce sul loro cervello e sulle sinapsi
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    attraverso le stesse molecole ricettive per la dopamina
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    che abbiamo voi e io.
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    La dopamina è responsabile di molte funzioni importanti del cervello,
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    incluse nell'attenzione, eccitazione, ricompensa,
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    e disordini del sistema dopaminico sono stati collegati
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    a molti disturbi mentali come l'abuso di droghe,
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    il morbo di Parkinson, e la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
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    Ora, la genetica è un po' controintuitiva.
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    Di solito capiamo la normale funzione di qualcosa
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    a seconda di quel che succede se la togliamo,
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    dall'opposto di ciò che vediamo quando la togliamo.
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    Perciò quando eliminiamo il ricettore di dopamina
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    e i moscerini ci mettono più tempo a calmarsi,
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    da questo capiamo che la normale funzione di tale ricettore e della dopamina
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    è far sì che i moscerini si calmino più in fretta dopo gli sbuffi.
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    E ci ricorda un po' l'ADHD,
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    che è stata legata a disturbi del sistema dopaminico negli umani.
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    In realtà, se alziamo il livello di dopamina nei moscerini normali
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    dando loro della cocaina
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    dopo appropriata autorizzazione della Digos
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    - oh mio Dio -- (Risate) -
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    scopriamo che questi moscerini cocainomani
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    si calmano più in fretta dei moscerini normali,
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    e anche questo ci ricorda la sindrome,
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    che spesso viene trattata con droghe come il Ritalin
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    che ha effetti simili alla cocaina.
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    Piano piano ho capito che quel che era iniziato
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    come un tentativo quasi scherzoso di disturbare dei moscerini della frutta
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    poteva servire davvero ai disturbi psichiatrici umani.
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    Ora, quanto lontano va l'analogia?
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    Come molti di voi sanno, molte persone affette dall'ADHD
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    hanno anche disturbi dell'apprendimento.
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    Succede anche ai nostri moscerini con la mutazione al ricettore dopaminico?
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    Notate bene, è così.
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    Come dimostrato da Seymour negli anni Settanta,
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    i moscerini, come gli uccelli canori, l'avete appena sentito,
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    possono imparare.
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    Potete addestrare un moscerino a evitare un odore, che qui vedete in blu,
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    se accoppiata l'odore a uno stimolo negativo.
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    Quando date al moscerino addestrato la possibilità di decidere
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    tra il tunnel con l'odore da stimolo negativo e un altro odore,
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    lui evita quello contenente l'odore blu che collega a uno stimolo negativo.
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    Be', se lo fate con moscerini dal ricettore dopaminico mutato,
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    non imparano. Il loro livello d'apprendimento è pari a zero.
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    Bocciati al CalTech.
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    Significa che questi moscerini presentano due anomalie,
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    o fenotipi, come li chiamiamo noi genetisti,
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    che si trovano nella sindrome: iperattività e disturbi dell'apprendimento.
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    Quale relazione causale può esserci tra questi due fenotipi?
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    Nell'ADHD, spesso si ritiene che l'ipereattività
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    causi i disturbi dell'apprendimento.
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    I bambini non riescono a starsene seduti abbastanza a lungo da concentrarsi, quindi non imparano.
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    Ma potrebbero anche essere i disturbi dell'apprendimento
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    a causare l'ipereattività.
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    Dal momento che non riescono a imparare, cercano qualcos'altro su cui fissare l'attenzione.
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    E un'ultima possibilità è che non ci sia nessun legame
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    tra i disturbi dell'apprendimento e l'ipereattività,
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    ma che siano entrambi causati da un meccanismo implicito nella sindrome.
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    Ci siamo interrogati a lungo su questa cosa
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    negli umani, ma sui moscerini possiamo testarla.
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    E lo facciamo scavando in profondità nella mente
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    del moscerino e iniziando a districare i suoi circuiti usando la genetica.
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    Prendiamo i moscerini con la mutazione del ricettore dopaminico
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    e ristabiliamo geneticamente, o curiamo, il ricettore
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    rimettendo una buona copia del gene relativo
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    nel cervello del moscerino.
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    Ma in ogni moscerino, lo rimettiamo solo in alcuni neuroni
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    e non in altri, e poi testiamo ogni moscerino
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    quanto all'abilità di apprendimento e all'ipereattività.
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    Notate bene, scopriamo che possiamo dissociare completamente le due anomalie.
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    Se rimettiamo una buona copia del ricettore dopaminico
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    in questa struttura ellittica detta complesso centrale,
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    i moscerini non sono più iperattivi, ma continuano a non imparare.
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    D'altra parte, se rimettiamo il ricettore in un'altra struttura
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    detto il corpo fungineo,
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    recuperiamo i disturbi dell'apprendimento, i moscerini imparano bene,
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    ma sono ancora iperattivi.
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    Questo ci dice che la dopamina
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    non impregna il cervello di questi moscerini come una zuppa.
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    Piuttosto, agisce controllando due funzioni diverse
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    in due circuiti diversi,
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    perciò abbiamo due problemi con i moscerini del ricettore dopaminico
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    perché lo stesso ricettore controlla due funzioni
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    in due diverse regioni del cervello.
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    Se questo valga anche per gli umani con l'ADHD
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    non lo sappiamo, ma questo genere di risultati
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    dovrebbe almeno farci prendere in considerazione la possibilità.
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    Perciò convincono sempre più me e i miei colleghi
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    che il cervello non è un contenitore di zuppa chimica,
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    ed è sbagliato cercare di trattare dei disturbi psichiatrici complessi
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    cambiando il gusto della zuppa.
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    Quel che dobbiamo fare è usare ingegno e sapere scientifico
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    per provare a creare una nuova generazione di farmaci
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    che sono pensati per specifici neuroni e specifiche regioni del cervello
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    coinvolte in particolari disordini psichiatrici.
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    Se ci riusciamo, potremo curare quei disturbi,
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    senza sgradevoli effetti collaterali.
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    cambiando l'olio al motore mentale,
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    proprio dove serve. Vi ringrazio molto.
Title:
David Anderson: Il vostro cervello non è solo un sacco di elementi chimici
Speaker:
David Anderson
Description:

I medicinali psichiatrici moderni agiscono sulla chimica di tutto il cervello, ma il neurobiologo David Anderson crede che le funzioni cerebrali siano più sfumate. Egli ci illumina su una nuova ricerca che potrebbe portare a dei trattamenti psichiatrici mirati -- che funzionano meglio ed evitano gli effetti collaterali. Come fa? Prima di tutto, fa arrabbiare un mucchio di moscerini della frutta. (Filmato a TEDxCaltech)

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
15:25

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