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Immaginate una democrazia europea senza confini

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    Questo discorso non sarà
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    come quelli che ho tenuto in passato.
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    Oggi voglio parlarvi
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    del fallimento della leadership nella politica globale
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    e nell'economia globalizzata.
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    E non suggerirò ricette benevole e già pronte.
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    Ma alla fine vi esorterò
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    a ripensare, nonché ad assumere rischi, e prendere parte
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    a quella che vedo come un'evoluzione globale
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    della democrazia.
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    Il fallimento della leadership.
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    Oggi che cos'è il fallimento della leadership?
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    E perché la nostra democrazia non funziona?
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    Ebbene, penso che il fallimento della leadership
    sia dovuto al fatto
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    che vi abbiamo escluso dal processo.
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    Permettetemi, a partire dalle mie esperienze personali,
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    di darvi un'idea, così che possiate fare un passo indietro
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    e capire magari perché è così difficile far fronte
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    alle sfide attuali e perché la politica
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    abbia imboccato un vicolo cieco.
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    Cominciamo dall'inizio.
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    Cominciamo dalla democrazia.
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    Ebbene, per gli antichi Greci,
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    fu una rivelazione, una scoperta,
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    il fatto che avessimo la possibilità, insieme,
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    di essere padroni del nostro destino,
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    di essere in grado di esaminare, imparare, immaginare,
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    e quindi progettare una vita migliore.
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    La democrazia fu l'innovazione politica
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    in grado di proteggere questa libertà,
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    perché fummo liberati dalla paura
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    affinché le nostre menti,
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    che si trattasse di despoti o dogmi,
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    potessero essere le protagoniste.
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    La democrazia fu l'innovazione politica che ci permise
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    di limitare il potere, che appartenesse a tiranni
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    o a sommi sacerdoti,
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    la loro naturale tendenza a massimizzare
    il potere e la ricchezza.
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    Ebbene, iniziai a capire tutto ciò
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    quando avevo 14 anni.
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    Avevo l'abitudine, per cercare di evitare i compiti,
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    di sgattaiolare giù in salotto e ascoltare i miei genitori
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    e i loro amici mentre discutevano animatamente.
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    Vedete, a quel tempo la Grecia era
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    sotto il controllo di un'élite molto potente
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    che strangolava il paese.
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    E mio padre guidava un movimento promettente
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    per re-immaginare la Grecia, per immaginare una Grecia
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    dove regnasse la libertà e dove, forse,
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    la gente, i cittadini, potessero decidere
    il destino del proprio paese.
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    Mi univo a lui in molte campagne,
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    e mi potete vedere qui accanto a lui.
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    Io sono quello più giovane, al lato.
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    Potreste non riconoscermi perché
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    a quel tempo mi pettinavo i capelli in modo diverso.
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    (Risate)
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    Nel 1967, le elezioni erano prossime,
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    le cose stavano andando bene nella campagna,
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    la casa era elettrizzata.
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    Potevamo davvero sentire che stava per verificarsi
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    un importante cambiamento graduale in Grecia.
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    Poi una notte, alcuni furgoni militari
    raggiungono la nostra casa.
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    I soldati irrompono.
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    Mi trovano sulla terrazza superiore.
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    Un sergente si avvicina a me con una mitragliatrice,
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    la punta alla mia testa e dice:
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    "Dimmi dov'è tuo padre o ti ucciderò".
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    Mio padre, nascosto nelle vicinanze, si rivela,
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    e fu immediatamente portato in carcere.
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    Ora, noi siamo sopravvissuti,
    ma la democrazia no.
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    Sette anni di brutale dittatura
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    che abbiamo trascorso in esilio.
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    Oggi le nostre democrazie stanno nuovamente
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    affrontando il momento della verità.
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    Lasciate che vi racconti una storia.
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    Domenica sera,
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    Bruxelles, aprile 2010.
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    Sono seduto con i miei pari nell'Unione europea.
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    Ero appena stato eletto primo ministro,
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    ma ebbi l'infelice privilegio di rivelare la verità,
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    cioè che il nostro deficit non era del 6 per cento,
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    come era stato comunicato ufficialmente
    solo qualche giorno prima
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    dal precedente governo in prossimità delle elezioni,
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    ma era in realtà del 15,6 per cento.
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    Ma il deficit era solo il sintomo
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    di problemi molto più gravi che
    stava affrontando la Grecia.
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    E io ero stato eletto con il mandato,
    una missione, in realtà,
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    di affrontare questi problemi,
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    che si trattasse di mancanza di trasparenza
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    e responsabilità dell'amministrazione,
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    o che fosse uno stato clientelare
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    che offriva favori ai potenti, come l'elusione fiscale,
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    supportati e aiutati da un sistema globale
    di evasione fiscale,
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    politica e media sottoposti a interessi particolari.
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    Ma nonostante il nostro mandato elettorale,
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    i mercati non ci diedero fiducia.
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    I nostri interessi passivi stavano
    aumentando vertiginosamente,
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    ed eravamo di fronte a un possibile fallimento.
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    Così andai a Bruxelles con una missione
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    per propugnare una risposta europea unita,
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    che tranquillizzasse i mercati e ci desse il tempo
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    per fare le riforme necessarie.
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    Ma il tempo non ci fu concesso.
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    Immaginatevi al tavolo di Bruxelles.
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    I negoziati sono difficili, la tensione alta,
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    il progresso è lento e poi,
    mancavano 10 minuti alle 2,
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    un primo ministro grida:
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    "Dobbiamo concludere fra 10 minuti."
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    Dissi: "Perché? Queste sono decisioni importanti.
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    valutiamole un po' più a lungo."
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    Un altro primo ministro si inserisce e dice:
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    "No, dobbiamo trovare un accordo ora,
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    perché fra 10 minuti
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    i mercati apriranno in Giappone,
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    e ci sarà il caos nell'economia globale."
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    Prendemmo rapidamente una decisione in quei 10 minuti.
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    Questa volta non furono i militari,
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    ma i mercati a puntare una pistola
    alla nostra testa collettiva.
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    Quelle che seguirono furono le decisioni
    più difficili in tutta la mia vita,
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    dolorose per me, dolorose per i miei connazionali,
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    che imposero tagli, austerità,
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    spesso su quelli che non avevano
    alcuna responsabilità per la crisi.
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    Con questi sacrifici, la Grecia ha evitato il fallimento
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    e l'Eurozona ha evitato il crollo.
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    La Grecia, sì, ha innescato la crisi dell'Euro,
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    e alcuni mi incolpano per aver tirato il grilletto.
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    Ma oggi penso che la maggior parte sarebbe d'accordo
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    nel ritenere che la Grecia era solo un sintomo
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    di problemi strutturali molto più profondi nelll'Eurozona,
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    vulnerabilità nel più ampio sistema economico globale,
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    vulnerabilità delle nostre democrazie.
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    Le nostre democrazie sono intrappolate
    in sistemi troppo grandi per fallire,
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    o, più precisamente, troppo grandi
    per essere controllati.
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    Le nostre democrazie sono indebolite nell'economia globale
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    con attori che possono eludere le leggi, evadere le imposte,
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    eludere le norme ambientali o le leggi sul lavoro.
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    Le nostre democrazie sono minate
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    dalla crescente disuguaglianza
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    e dalla crescente concentrazione
    del potere e della ricchezza.
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    Lobby, corruzione, la rapidità dei mercati
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    o semplicemente il fatto che a volte abbiamo la sensazione di un disastro incombente,
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    hanno tenuto a freno le nostre democrazie,
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    e hanno limitato la nostra capacità
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    di immaginare e utilizzare a tutti gli effetti
    il potenziale, il vostro potenziale,
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    nella ricerca di soluzioni.
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    La Grecia, vedete, era solo un'anteprima
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    di ciò che è in serbo per tutti noi.
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    Io avevo sperato, troppo ottimisticamente,
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    che questa crisi fosse un'occasione
    per la Grecia, per l'Europa,
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    per il mondo, per apportare delle radicali
    trasformazioni democratiche
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    nelle nostre istituzioni.
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    Invece, ho vissuto un'esperienza mortificante.
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    A Bruxelles, quando cercavamo disperatamente
    e incessantemente
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    di trovare soluzioni comuni,
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    mi sono reso conto che non uno, non uno di noi,
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    aveva mai affrontato una crisi simile.
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    Peggio, eravamo intrappolati nella nostra
    ignoranza collettiva.
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    Fummo guidati dalle nostre paure.
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    E le nostre paure condussero a una fede cieca
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    nell'ortodossia dell'austerità.
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    Invece di raggiungere il buon senso
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    o la saggezza collettiva della nostra società,
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    investendo in essa per trovare soluzioni più creative,
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    abbiamo ripiegato su atteggiamenti politici.
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    E poi siamo rimasti sorpresi quando
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    ogni nuovo provvedimento ad hoc non poneva fine alla crisi,
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    e naturalmente facilitava
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    la ricerca di un capro espiatorio
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    per il nostro fallimento collettivo europeo.
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    E si trattava ovviamente della Grecia.
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    Quei Greci dissoluti, inattivi, bevitori di ouzo,
    danzatori di Zorba,
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    sono loro il problema! Puniteli!
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    Be', uno stereotipo comodo ma infondato
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    che a volte fa male anche più della stessa austerità.
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    Ma permettetemi di avvertirvi:
    questo non riguarda solo la Grecia.
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    Questo potrebbe essere il modello
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    che i leader seguono in continuazione
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    quando abbiamo a che fare con questi problemi
    complessi, sovranazionali,
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    che si tratti dei cambiamenti climatici, o di immigrazione,
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    o del sistema finanziario.
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    Ossia, abbandonando il nostro potere collettivo
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    di immaginare il nostro potenziale,
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    diventando vittime dei nostri timori, stereotipi, dogmi,
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    escludendo i cittadini dal processo,
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    piuttosto che costruirlo intorno ai nostri cittadini.
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    E in questo modo si metterà solo alla prova la fede
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    dei nostri cittadini, dei nostri popoli, ancora di più
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    nel processo democratico.
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    Non dobbiamo meravigliarci che molti leader politici,
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    e non escludo me stesso,
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    hanno perso la fiducia dei nostri popoli.
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    Quando la polizia anti-sommossa deve proteggere
    i parlamenti,
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    il che è sempre più frequente nel mondo,
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    allora c'è qualcosa di profondamente sbagliato
    nelle nostre democrazie.
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    Ecco perché ho indetto un referendum,
    affinchè il popolo greco
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    possa decidere i termini del pacchetto di salvataggio.
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    I miei omologhi europei, alcuni di loro,
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    hanno detto: "Non potete farlo.
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    Ci sarà nuovamente caos nei mercati".
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    Io ho risposto: "Prima di ripristinare la fiducia dei mercati,
  • 10:38 - 10:44
    dobbiamo ripristinare la sicurezza e la fiducia
    tra la nostra gente".
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    Da quando ho lasciato l'incarico, ho avuto
    il tempo di riflettere.
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    Noi abbiamo placato la tempesta, in Grecia e in Europa,
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    ma il rischio persiste.
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    Se la politica è la capacità di immaginare
    e utilizzare il nostro potenziale,
  • 10:58 - 11:02
    allora il 60 per cento della disoccupazione giovanile
    in Grecia
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    e in altri Paesi è certamente una mancanza di immaginazione,
  • 11:05 - 11:07
    se non una mancanza di compassione.
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    Finora, abbiamo affrontato il problema con l'economia,
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    in realtà per lo più austerità,
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    e certamente avremmo potuto progettare delle alternative,
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    una strategia diversa, uno stimolo verde
    per posti di lavoro verdi,
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    o cartolarizzato il debito, gli Eurobond che
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    sosterrebbero i Paesi in difficoltà dalle
    pressioni del mercato.
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    Queste sarebbero state alternative molto più valide.
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    Ma sono giunto alla conclusione che il problema
    non riguardi tanto
  • 11:31 - 11:35
    l'economia quanto la democrazia.
  • 11:35 - 11:36
    Quindi proviamo qualcosa di diverso.
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    Vediamo come possiamo includere nuovamente
    le persone nel processo.
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    Affrontiamo il problema con la democrazia.
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    Ancora una volta, gli antichi Greci, con tutti i loro difetti,
  • 11:45 - 11:48
    credevano nella saggezza della moltitudine
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    nei loro momenti migliori. Abbiamo fiducia nelle persone.
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    La democrazia non potrebbe funzionare senza i cittadini
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    che deliberano, dibattono, assumono responsabilità pubbliche
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    per le questioni pubbliche.
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    I cittadini medi spesso venivano scelti per le giurie popolari
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    per decidere sulle questioni critiche del giorno.
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    Scienza, teatro, ricerca, filosofia,
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    giochi della mente e del corpo,
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    erano esercizi quotidiani.
  • 12:15 - 12:19
    In realtà, erano una formazione per la partecipazione,
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    per il potenziale, per accrescere il potenziale
    dei nostri cittadini.
  • 12:22 - 12:27
    E coloro che evitavano la politica, ebbene, erano degli idioti.
  • 12:27 - 12:30
    Vedete, nell'Antica Grecia, nell'antica Atene,
  • 12:30 - 12:33
    è nato questo termine.
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    "Idiota" deriva dalla radice "idio," se stesso.
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    Un individuo che è egocentrico, isolato, escluso,
  • 12:41 - 12:45
    qualcuno che non partecipa o neppure
    esamina le questioni pubbliche.
  • 12:45 - 12:49
    E la partecipazione avveniva nell'agorà,
    che aveva due significati:
  • 12:49 - 12:55
    sia un mercato sia un luogo dove
    si tenevano le riflessioni politiche.
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    Vedete, all'epoca i mercati e la politica erano
    una cosa sola, unificati,
  • 12:59 - 13:03
    accessibili, trasparenti, perché davano il potere alla gente.
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    Servono il popolo: democrazia.
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    Al di sopra del governo, dei mercati
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    c'era il dominio diretto del popolo.
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    Oggi abbiamo globalizzato i mercati,
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    ma non abbiamo globalizzato
    le nostre istituzioni democratiche.
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    Così i nostri politici sono limitati alla politica locale,
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    mentre i nostri cittadini, anche se vedono
    un grande potenziale,
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    sono preda di forze che sfuggono al loro controllo.
  • 13:33 - 13:36
    Allora come possiamo riunire le due metà dell'agorà?
  • 13:36 - 13:38
    Come democratizziamo la globalizzazione?
  • 13:38 - 13:41
    E non sto parlando delle riforme necessarie
  • 13:41 - 13:43
    delle Nazioni Unite o del G20.
  • 13:43 - 13:46
    Sto parlando di come mettere in sicurezza lo spazio,
  • 13:46 - 13:48
    i popoli, la piattaforma di valori,
  • 13:48 - 13:54
    così che possiamo attingere a tutto il vostro potenziale?
  • 13:54 - 13:58
    Bene, proprio a questo proposito,
    penso che l'Europa abbia un ruolo.
  • 13:58 - 14:00
    L'Europa, nonostante i suoi fallimenti recenti,
  • 14:00 - 14:05
    è l'esperimento più riuscito al mondo
    di pace transnazionale.
  • 14:05 - 14:08
    Allora vediamo se possa essere un esperimento
  • 14:08 - 14:12
    di democrazia globale, un nuovo tipo di democrazia.
  • 14:12 - 14:15
    Vediamo se possiamo progettare una agorà europea,
  • 14:15 - 14:18
    non solo per prodotti e servizi,
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    ma per i nostri cittadini, dove possono lavorare insieme,
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    deliberare, imparare gli uni dagli altri,
  • 14:23 - 14:26
    uno scambio tra arte e culture,
  • 14:26 - 14:30
    dove si possono inventare soluzioni creative.
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    Immaginiamo che i cittadini europei
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    abbiano il potere di votare direttamente
  • 14:35 - 14:38
    per un presidente europeo,
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    o giurie di cittadini scelte da lotterie
  • 14:41 - 14:46
    che possono deliberare su problemi critici e controversi.
  • 14:46 - 14:49
    Un referendum a livello europeo dove i nostri cittadini,
  • 14:49 - 14:53
    come legislatori, votano in merito ai trattati futuri.
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    Ed ecco un'idea.
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    Perché non avere i primi cittadini veramente europei
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    concedendo ai nostri immigrati,
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    non la cittadinanza greca o tedesca o svedese,
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    ma una cittadinanza europea?
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    E assicurarsi che diamo opportunità
  • 15:11 - 15:14
    ai disoccupati, concedendo loro una borsa di studio
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    per scegliere di studiare ovunque in Europa.
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    Dove la nostra identità comune è la democrazia,
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    dove la nostra formazione è attraverso la partecipazione,
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    e dove la partecipazione genera fiducia
  • 15:30 - 15:34
    e solidarietà piuttosto che esclusione e xenofobia.
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    L'Europa del popolo e dalla parte del popolo,
  • 15:36 - 15:40
    un'Europa, un esperimento di approfondimento
    e allargamento
  • 15:40 - 15:43
    della democrazia oltre i confini.
  • 15:43 - 15:47
    Ora, alcuni potrebbero accusarmi di essere ingenuo,
  • 15:47 - 15:52
    riponendo la mia fede nel potere e nella
    saggezza del popolo.
  • 15:52 - 15:57
    Ebbene, dopo decenni di politica,
    io sono anche un pragmatico.
  • 15:57 - 15:59
    Credetemi, sono stato,
  • 15:59 - 16:03
    sono parte del sistema politico attuale,
  • 16:03 - 16:08
    e so che le cose devono cambiare.
  • 16:08 - 16:12
    Noi dobbiamo rilanciare la politica
    come il potere di immaginare,
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    re-immaginare e ridisegnare un mondo migliore.
  • 16:17 - 16:20
    Ma so anche che questa dirompente forza del cambiamento
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    non sarà guidata dalla politica attuale.
  • 16:23 - 16:25
    La rinascita della politica democratica
  • 16:25 - 16:30
    verrà da voi, e intendo da tutti voi.
  • 16:30 - 16:34
    Chiunque partecipi a questo scambio globale di idee,
  • 16:34 - 16:35
    che sia in questa sala
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    o fuori da questa sala,
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    oppure online o a livello locale,
  • 16:41 - 16:44
    tutti coloro che si oppongono
    all'ingiustizia e alla disuguaglianza,
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    tutti coloro che si oppongono a quelli che predicano
  • 16:47 - 16:49
    il razzismo, piuttosto che l'empatia,
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    il dogma piuttosto che il pensiero critico,
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    la tecnocrazia piuttosto che la democrazia,
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    tutti coloro che si oppongono al potere incontrollato,
  • 16:57 - 16:59
    che si tratti di leader autoritari,
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    plutocrati che nascondono i loro patrimoni in paradisi fiscali,
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    o potenti lobby che proteggono i pochi potenti.
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    È nel loro interesse che tutti noi siamo idioti.
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    Cerchiamo di non esserlo.
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    Grazie.
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    (Applausi)
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    Bruno Giussani: Lei sembra descrivere una
    leadership politica
  • 17:29 - 17:31
    che è piuttosto impreparata
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    e prigioniera dei capricci dei mercati finanziari.
  • 17:34 - 17:36
    E quella scena a Bruxelles che ha descritto,
    ai miei occhi,
  • 17:36 - 17:38
    come cittadino, è terrificante.
  • 17:38 - 17:43
    Ci aiuti a capire come si sentiva dopo la decisione.
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    Chiaramente non era una buona decisione,
  • 17:44 - 17:47
    ma come si sente dopo, non come primo ministro,
  • 17:47 - 17:49
    ma come George?
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    George Papandreou: Be', ovviamente c'erano dei vincoli
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    che non permettevano a me o agli altri di prendere
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    il tipo di decisione che avremmo voluto.
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    E ovviamente avevo sperato che avremmo avuto il tempo
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    per fare le riforme che avrebbero affrontato
  • 18:01 - 18:04
    il deficit, piuttosto che cercare di tagliare il deficit
  • 18:04 - 18:06
    che era il sintomo del problema.
  • 18:06 - 18:08
    E questo fece male. Fece male perché, innanzitutto,
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    colpì la generazione più giovane, e non solo,
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    molti di loro stanno dimostrando per le strade.
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    Ma penso che questo sia uno dei nostri problemi.
  • 18:15 - 18:20
    Di fronte a queste crisi, abbiamo mantenuto il potenziale,
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    l'enorme potenziale della nostra società
    fuori da questo processo,
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    e ci stiamo chiudendo su noi stessi in politica.
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    E penso che dobbiamo cambiarlo, per trovare davvero
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    nuove modalità partecipative, utilizzando la grande capacità
  • 18:33 - 18:36
    che oggi esiste con la tecnologia, ma non solo
    con la tecnologia,
  • 18:36 - 18:39
    ma le menti che abbiamo. E penso che
    possiamo trovare soluzioni
  • 18:39 - 18:41
    di gran lunga migliori, ma dobbiamo essere aperti.
  • 18:41 - 18:43
    BG: Lei sembra suggerire che la strada da percorrere
  • 18:43 - 18:46
    sia più spazio all'Europa, e non deve essere
    un discorso semplice
  • 18:46 - 18:48
    in questo momento nella maggior parte dei Paesi europei.
  • 18:48 - 18:52
    È piuttosto il contrario: più frontiere chiuse
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    e meno cooperazione e forse anche uscire
  • 18:54 - 18:58
    da alcune delle componenti della costruzione europea.
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    Come si concilia tutto ciò?
  • 19:00 - 19:02
    GP: Penso che una delle cose peggiori che siano accadute
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    durante la crisi è che abbiamo iniziato
    il gioco della responsabilità.
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    E l'idea fondamentale dell'Europa è che
  • 19:08 - 19:10
    possiamo cooperare oltre i confini,
  • 19:10 - 19:13
    andare oltre i nostri conflitti e lavorare insieme.
  • 19:13 - 19:19
    E il paradosso è che, poiché esiste questo
    gioco della responsabilità,
  • 19:19 - 19:22
    abbiamo meno potenziale per convincere i nostri cittadini
  • 19:22 - 19:23
    del fatto che dovremmo lavorare insieme.
  • 19:23 - 19:26
    Mentre ora abbiamo davvero bisogno
  • 19:26 - 19:27
    di riunire il nostro potere.
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    Ora, più spazio all'Europa per me non è semplicemente
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    dare più potere a Bruxelles.
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    In realtà, è dare più potere ai cittadini d'Europa,
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    cioè, fare veramente dell'Europa un progetto della gente.
  • 19:39 - 19:42
    Così, penso, sarebbe un modo per rispondere
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    ad alcune delle paure che abbiamo nella nostra società.
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    BG: George, grazie per essere venuto a TED.
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    GP: Grazie infinite. BG: Grazie.
    (Applausi)
Title:
Immaginate una democrazia europea senza confini
Speaker:
George Papandreou
Description:

La Grecia è stata l'archetipo della crisi economica europea, ma l'ex primo ministro George Papandreou si chiede se è solo un'anteprima di ciò che accadrà. "Le nostre democrazie", afferma, "sono intrappolate da sistemi che sono troppo grandi per fallire, o più precisamente, troppo grandi per essere controllati" - mentre "i politici come me hanno perso la fiducia dei loro popoli." La soluzione? Fare in modo che i cittadini si impegnino nuovamente e in modo diretto in un nuovo patto democratico.

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
20:06

Italian subtitles

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