Se altri genitori scoprono
che insegno e faccio ricerche
sul rapporto dei bambini
con la tecnologia
e come la vita in famiglia
sia influenzata da smartphone
e videogames,
iniziano a tempestarmi di domande
e a condividere cosa li preoccupa.
E di preoccupazioni ne hanno tante.
Mi dicono che si preoccupano
se entrano in una stanza
e trovano i propri figli e i loro amici
tutti intenti a guardare qualcosa.
E mi dicono:
"Ho paura che i nostri figli
non sappiano stare con gli altri.
Ho paura che mio figlio
sia malato di videogiochi.
Ho paura che siano talmente multitasking
che non potrò mai capire
se sapranno mai concentrarsi davvero.
Ho paura che possano fare foto oscene,
venire a sapere di foto oscene,
ricevere foto oscene,
e che perdano la loro innocenza.
Ho paura che diventino dei bulli del web,
o vittime di bulli del web o di ricatti.
Non so che cosa facciano su internet,
ma sono preoccupato.
Al TG hanno raccontato una storia brutta."
In base alla mia ricerca,
credo che si tratti di una fase comune
nel ciclo dell'ansia da tecnologia.
Lo dico in quanto storica dei media.
Le persone avevano paura
dei treni che andavano a più di 50 km/h.
Il telefono avrebbe fatto a pezzi
le famiglie
e avrebbe distrutto l'armonia domestica.
E ora molti si affidano al telefono
per dare sostegno alla famiglia.
Perciò il ciclo dell'ansia è normale
quando la tecnologia cambia
il nostro rapporto con tempo e spazio
e il nostro rapporto con gli altri.
Però non vuol dire
che non c'è da preoccuparsi
Solo perché io parlo
di un ciclo dell'ansia
non significa
che non ci sia nulla da temere.
Penso solo che ci sia altro
di cui preoccuparsi.
Ci preoccupiamo troppo
di titoli di giornale osceni
e non ci preoccupiamo abbastanza
delle persone che saranno i nostri figli.
Saranno cauti
nel loro modo di comunicare?
Sfrutteranno l'incredibile potere
della condivisione digitale
per scopi positivi?
Molti genitori mi chiedono:
"Ma dovrei spiare mio figlio?
Dovrei mettergli un chip nel telefono?
O magari in testa? Per sapere
tutto ciò che scrivono nei loro messaggi,
tutto quello che condividono,
tutto quello che pubblicano".
Beh, una delle domande
che farei a quei genitori sarebbe:
"Cosa cercheresti veramente?"
Perché troverebbero
messaggi molto noiosi.
Perciò lo dobbiamo sapere
prima di metterci a fare la spia,
cosa cercheremmo?
E prima di beccare i nostri figli
a fare cose sbagliate
dovremmo pensare: e noi?
Abbiamo insegnato le cose giuste?
Abbiamo pensato abbastanza
a cosa vorremmo facessero
invece di pensare che li beccheremo
a fare cose sbagliate?
Dobbiamo essere curiosi,
perché se davvero vogliamo
crescere figli che usino la testa
e sfruttino positivamente
il potere della comunicazione digitale,
dobbiamo essere curiosi
riguardo a come sia veramente
avere 10 anni e uno smartphone.
Com'è non essere invitati a una festa
e starla a guardare
in tempo reale sui social media
mentre tu sei a casa, il sabato sera,
e sei in quarta elementare?
Com'è veramente?
Dobbiamo essere curiosi
di come i bambini vivano le tecnologie.
I loro aspetti positivi:
la possibilità di diventare autori,
di inventare cose e condividerle
e di dare vita a progetti di successo.
E i loro aspetti più impegnativi:
le difficoltà nei rapporti con gli altri.
Come le influenze del web
possano porre limiti ai giovani
in un momento in cui dovrebbero
sperimentare con la propria identità.
Perciò ho modellato una ricerca
che mi avvicinasse alle loro esperienze.
Per insegnare ai nostri figli l'empatia,
dobbiamo capire meglio
il loro quotidiano.
Dobbiamo osservarli nel loro ambiente,
per scoprire che cosa succede.
Ed è successa una cosa meravigliosa:
ho incontrato bambini da 10 a 12 anni,
negli ultimi due anni,
e ho detto loro:
"Allora, io ho un dottorato
in tecnologie dei media e della società,
ma gli esperti siete voi.
Ditemi com'è avere 11 anni,
avere uno smartphone
e accedere a tutte queste informazioni?
O ditemi com'è essere
l'ultimo della classe a riceverlo?
O il primo?"
Quei bambini sono così svegli,
si sono rimboccati le maniche
e mi hanno dato ottime risposte -
intendo proprio cose specifiche.
Hanno proposto domande,
idee e soluzioni intelligenti.
Quindi abbiamo lavorato insieme
per risolvere alcuni dei loro problemi.
E questa è l'occasione
per imparare molto sul loro quotidiano
Dunque è la conversazione stessa
che mi mostra
quanto siano creativi e profondi,
e quanto siano capaci di provare empatia,
ma che hanno anche bisogno di modelli
e di aiuto per orientarsi in questo mondo.
La prima cosa che i bambini mi dicono,
ovunque vada,
è questa:
quando qualcuno li cerca,
sentono di dover essere reperibili.
Perché è la tecnologia che lo permette.
Con la tecnologia
posso mandare un sms
e ricevere immediatamente una risposta.
Quindi, il fatto di essere tutti umani
e non riuscire sempre
a rispondere subito
è una grossa sfida da affrontare.
E se usi quella tecnologia da poco
e mandi un sms a un amico
e lui non risponde subito,
è facile pensare al peggio:
"Ecco, non vuole più essere mio amico".
E quindi mandi un altro sms
e un altro e un altro.
E alcuni di noi magari
conoscono adulti che lo fanno.
(Risate)
E quindi dobbiamo chiederci, curiosi,
cosa starà mai facendo quella persona?
La cosa meno probabile
è che una persona
non voglia più essermi amica.
Più probabile
è che stia facendo altro:
dormire, i compiti
cenare con i genitori.
Quindi basta solo parlarne
e dividere i bambini in gruppi
per capire
che non solo a loro è successo,
ed è fastidioso,
perché quando l'hanno visto
si sono sentiti tampinati,
ma che anche loro l'hanno fatto.
Molti di loro diranno
di essere stati anche loro i mittenti.
Basta parlarne
e il livello di empatia nel gruppo cresce.
Poi, creiamo insieme una soluzione.
Questo è solo un prototipo,
non lo potete acquistare
per i vostri amici fastidiosi,
è per mostrarvi che i bambini
hanno ideato questa soluzione ottima.
Questa è un'app, si chiama Text Lock,
e limita gli sms che si possono inviare
quando non si riceve una risposta
entro un certo lasso di tempo.
Quindi, se io inizio a mandare sms,
posso mandarne solo un certo numero
e se non mi rispondono
la devo smettere.
(Risate)
Quest'app non esiste.
Ma l'empatia è l'app.
Quindi quello che dobbiamo fare,
quello che dico ai bambini di fare è:
chiudi gli occhi
e immagina l'amica che fa i compiti,
o spara a un bersaglio con il papà
o cena con la famiglia,
e ti sentirai meglio.
Capirai che adesso non può rispondere.
E questo aiuta molto i bambini.
In realtà, a loro l'app non serve.
L'empatia è l'app, non serve Text Lock.
L'altra cosa è questa: "Che fai
se mandi una cosa poco carina?"
O quando mandi qualcosa
e dato che non vedi subito l'effetto,
o pubblichi un post,
quando non hai davanti l'altra persona,
magari, senza volerlo, sei poco carino.
In qualche modo fai soffrire l'altro.
Per questo,
i bambini hanno inventato Sparkle Chat,
che chiede una cosa importante
mentre digitiamo
prima di mandare il messaggio.
Semplicemente:
"Sei sicuro di volerlo inviare?"
Quanti in questa stanza pensano che,
se solo avessero avuto quest'app
molti problemi nella lora vita,
legati alla comunicazione,
potevano essere evitati?
Forse a tutti serve un'app
che ci mostri una nuvoletta:
"Sei sicuro di volerlo inviare?"
Per la versione "giovani" dell'app,
i bambini procedono a livelli
visto che sono così svegli,
per i nuovi di queste tecnologie,
hanno anche previsto che,
se si insiste dopo la nuvoletta
"Sei sicuro di volerlo inviare?"
- se si riscontra un problema
nella comunicazione -
e si manda comunque il messaggio,
l'app ne invia una copia
sia ai genitori del mittente
sia a quelli del destinatario.
(Risate)
Nemmeno io, da mamma,
avrei mai ideato un'app così da genitori,
ottima per bambini che stanno
imparando a comunicare.
Quindi, nonostante i bambini
siano competenti in fatto di tecnologia,
vogliono comunque qualcuno
che li guidi.
A loro serve la nostra guida,
più che il nostro controllo,
più che essere spiati da noi.
A loro serve il nostro aiuto,
per sapere cosa fare
se qualcosa va storto
nella comunicazione,
come evitarlo quando è possibile
e come rimediare se è già successo.
E poi c'è un'altra app.
Un'app su cui abbiamo lavorato
e che affronta un problema comune,
citato da tutti i bambini,
in tutti i gruppi che ho incontrato.
Tra tutti i bambini di questa età
con cui ho svolto la ricerca
e con cui abbiamo discusso
dei problemi aggravati dalla tecnologia,
nessuno ha mancato di parlare
delle persone più importanti per loro
inaccessibili per via della tecnologia.
Con tutta la tecnologia che le circonda,
queste persone diventano inaccessibili
proprio quando sono più necessarie.
E spesso non sanno nemmeno quando.
Anzi si sentono come se non lo fossero.
Quindi i bambini hanno creato un'app:
Spegni il Telefono E Liberati,
dedicata ai loro genitori.
Si attiva con la voce
e serve a spegnere
il telefono dei genitori.
(Risate)
Quindi, si imposta l'app
perché riconosca la voce dei propri figli,
per evitare che qualunque bambino,
per strada, parli e ti spenga il telefono,
e se sei in macchina,
stai andando a prendere tuo figlio
e intanto stai scrivendo un messaggio
e tuo figlio ti parla,
appena apre bocca
o il telefono ti si spegne subito
oppure, visto che l'empatia
è propria dei bambini,
se è una cosa davvero importante
magari si spegne dopo qualche minuto.
Si può settare a 3 minuti,
oppure, se riesci a convincere tuo figlio,
puoi arrivare fino a 5.
In pratica loro cronometrano noi.
Noi cronometriamo
il tempo al telefono o al PC
e adesso ci dimostrano
che anche loro lo fanno con noi.
Per via della flessibilità,
i genitori sono accessibili al capo,
alla suocera,
chiunque, in qualunque momento.
Perciò proviamo ad aggirare la cosa.
Di nuovo, quest'app non esiste.
Ma quando i vostri figli vi parlano,
potete chiudere gli occhi
e immaginarvi un uccellino
e pensare: "Okay, STEL
Spegni il Telefono E Liberati ".
Okay, ci sono, e ci sono adesso.
Quindi l'empatia è l'app.
Non dovremmo averne bisogno,
ma è discutendone
che l'abbiamo capito.
Dalla necessità che i bambini hanno
di un'app che spegne
il telefono dei genitori,
possiamo imparare molto
sulla tecnologia nel loro quotidiano.
I bambini richiedono
la nostra attenzione.
Sembra il contrario,
specie in un'età alla quale
molti ricevono il proprio telefono,
ma richiedono la nostra attenzione
e necessitano della nostra guida.
E di aiuto, per non diventare
come la bambina di 11 anni,
con in mano il telefono
con i messaggi di 6 mesi prima
quando aveva rotto con l'amica.
E continuava a riguardarli.
Continuava a rimuginarci sopra.
A quella bambina serve una guida.
Oppure, come quel bambino di 11 anni,
che mentre ideavamo la prima app,
l'app Text Lock,
ha detto: "Ma è lo stesso se a volte
non mi va di mandare sms?"
In quarta elementare!
Certo che è lo stesso
se non ti va di mandare un sms.
Non devi essere
costantemente connesso.
Questo indica di nuovo
la necessità della guida di un adulto.
Loro hanno la competenza,
Noi la saggezza.
Anche a noi non ci hanno invitato,
ma magari non c'era il filtro dei media,
però è successo anche a noi.
Quindi, dobbiamo fare qualcosa,
ma non ideare un'app
per spiare i nostri figli,
nessuna app può crescere
bambini dell'età digitale al posto nostro.
Piuttosto, dobbiamo essere curiosi
riguardo le loro esperienze quotidiane,
dobbiamo chiedere loro a cosa pensano
e dobbiamo cercare insieme soluzioni,
soluzioni che combinino
la loro creatività e la nostra saggezza.
(Applausi)