Nelle lezioni precedenti abbiamo esaminato
le idee sul mito.
Abbiamo ripercorso, dall'Antichità sino
al nostro tempo, i modi in cui
la gente ha pensato ai miti,
durante lunghi lassi di tempo.
In questa lezione torneremo
indietro nel tempo
e partiremo dall'epoca attuale
verso i tempi che verranno
rappresentati nelle storie mitiche
che esamineremo adesso.
È importante che teniamo in mente
certe epoche.
"Adesso" è ovviamente
un momento importante.
Quel che sta avvenendo nel mondo attuale
colorerà ed influenzerà ovviamente il modo
in cui ci appropriamo e leggiamo questi
midi, e dobbiamo starvi attenti.
Epoca romana:
qui ho scelto il secolo I aEV
come la Roma classica,
perciò se mi sentirete riferire alla Roma
classica, intendo Roma in quel periodo.
Ovviamente, Roma ha avuto molti anni
prima e dopo in cui era capobranco
nel Mediterraneo, però quando parlerò
della Roma classica, mi riferirò
più o meno al periodo tra secolo I aEV e secolo I EV.
Un altro momento importante per noi
sarà l'Atene classica,
secolo V aEV, perciò quando parlo
dell'Atene classica, è quel che intendo.
Poi quando parlo di tempi omerici,
mi riferisco al secolo VIII aEV.
Omero scriveva intorno all'anno 750,
secondo quanto possiamo accertare, quindi
diciamo secolo VII come definizione
generica di quella data.
E Omero stesso scriveva
molti anni dopo gli avvenimenti,
come potete vedere nel nostro schema qui.
Scrive in realtà circa 500 anni
dopo il tema che copre,
la Guerra di Troia che,
secondo i testi delle legende,
avvenne intorno al secolo XIII aEV.
Ripercorrendo quei periodi all'indietro,
esamineremo Omero
nella prima sezione di questo corso,
concentrandoci sull'Odissea.
Quando avremo finito con questa,
passeremo ad alcuni altri poeti epici
antichissimi, Esiodo incluso.
Esamineremo alcuni Inni Omerici che
emergono durante questo periodo omerico.
Passando all'Atene classica
esamineremo in particolare
le tragedie greche.
I drammaturghi rielaborano storie che
conoscevano da Omero e da poeti anteriori
in modi che rimangono definitivi per
le epoche successive.
E dopo,
quando passeremo ai romani,
esamineremo Virgilio e Ovidio.
Le storie che vedremo popolare,
questo lungo lasso di tempo, sono molto
simili ma anche molto diverse.
L'Atene classica non è identica
alla Grecia omerica, e
la Grecia Omerica, di sicuro,
non è identica alla Roma classica.
perciò staremo attenti a tutti questi
particolari, com'è necessario.
La Guerra di Troia -- proseguiamo
affermando -- avvenne nel secolo XIII aEV,
E il motivo per cui lo affermiamo
è fortemente connesso a quest'uomo.
Se questo corso fosse insegnato 150
anni fa -- se ci fosse stato l'internet --
il professore di quell'epoca direbbe:
beh, la Guerra di Troia è una legenda,
non abbiamo nessuna prova
che sia mai veramente avvenuto.
Heinrich Schliemann era incuriosito
da questo.
Le sue date sono 1822-1890.
Portò una squadra sulla costa
settentrionale turca, in Asia Minore e
scoprì che nei siti dove si supponeva che
dovesse essere la grande cittadella di Troia,
scoprì che davvero
c'erano rovine di una città stupenda,
ricchissima.
E sembrava che quella città
fosse stata conquistata
molte volte lungo
il corso della storia
e una specie di grande conquista
cataclismica di questa cittadella
avvenne all'incirca intorno
all'epoca
in cui, secondo le leggende greche,
avvenne la Guerra di Troia.
Perciò adesso, dopo Schliemann,
diciamo che ci fu probabilmente
una Guerra di Troia di cui parlano
Omero e le sue leggende.
Veramente, Schliemann non trovò mai
niente che dicesse:
"Questo scudo appartiene ad Agamennone"
o "Qui sta la spada di Achille."
Nelle tracce archeologiche,
non è stato ritrovato nulla che
comprovi un particolare qualsiasi
-- carattere, personaggio o avvenimento --
un qualsia particolare registrato nelle
legende omeriche e in materiali più recenti.
Tuttavia possiamo procedere dicendo
che ci fu una Guerra di Troia
e la versione che ne dà Omero forse
si ricollega a un qualsiasi evento che
avvenne veramente, o forse no.
Nel tuffarci nel mondo di Omero,
forse è necessario
essere avvertiti:
è un mondo tetro,
percorso dall'energia della guerra,
dall'energia negativa della guerra.
È un luogo molto duro in cui
le cose che vanno fatte vengono fatte
a volte molto bruscamente e sommariamente,
e spesso con esiti violenti e veloci.
Stiamo parlando di un luogo dove
l'esibizione dei talenti umani
avviene tipicamente
all'interno una singola dimensione
dell'esperienza umana:
nel campo del conflitto.
Noi tutti ci chiederemo se
l'epopea di Omero è contro la guerra
o a favore della guerra.
In realtà essa non rientra in nessuna
categoria del genere.
L'epopea di Omero, credo, si libra
al di sopra di esse.
Invece quel che lui osserva
è una vera esperienza umana, cioè
l'esperienza del conflitto armato tra
gruppi della nostra specie che
decidono di scagliarsi gli uni
contro gli altri,
poi lui prova a capire qual è
l'esperienza umana in questo?
Cosa significa per la nostra umanità?
Esaminando la Guerra di Troia,
incontreremo molta gente
che ne percorre lo sfondo, in particolare
nel nostro studio dell'Odissea.
Ed è importante per noi
conoscere alcuni di questi personaggi
che provengono dall'Iliade di Omero,
che è la sua narrazione
della Guerra di Troia.
L'Iliade è un poema sulla rabbia
e pensando alla rabbia,
essa viene ovviamente trattata in
questa epopea sulla guerra.
Però la cosa interessante è che Omero
parla di un tipo specifico di rabbia.
È alla rabbia di Achille
che lui si interessa di più.
Certo Achille, in quanto greco, prova
una rabbia guerriera contro i suoi nemici
troiani, però la rabbia che anima davvero
l'epopea è una rabbia inter-greca,
la rabbia di Achille contro Agamennone.
Achille e Agamennone hanno una lite
che segna l'inizio dell'Iliade
e questi due grandi guerrieri greci --
Agamennone il generale più anziano e
Achille, il più giovane -- questi due
guerrieri molto talentuosi s'insultano.
Non riescono a patteggiare
in modo appropriato.
L'autorità di Agamennone non basta
a gestire questa situazione
e così Agamennone perde il suo
più forte guerriero perché
decide di insultare Achille
davanti a tutti i suoi pari.
E quando questo avviene
Achille decide di ritirarsi.
Achille rimane nella sua tenda per la
maggior parte dell'azione dell'epopea e
auspica la morte ai propri
compagni greci.
La sua è una rabbia così amara e tremenda
che adesso, lui odia Agamennone,
il suo proprio capo greco e perciò
auspica che tutti i suoi compatriati
paghino il prezzo della stupidità
di Agamennone.
Perciò la sua rabbia è rivolta a uno
dei suoi
e ne subiscono gli effetti
tutti i guerrieri greci che subiscono
l'attacco dei troiani.
Vediamo grandi personaggi in questa lotta.
Ripetiamolo: Achille sta nella sua tenda
ma al posto suo si ergono altri
grandi guerrieri greci, ad occupare il
rango di capobranco tra i contendenti.
Ci sono personaggi chiamati Aiace,
Diomede, dal lato greco.
Presto ne incontreremo un altro,
chiamato Odisseo.
Dal lato troiano, i principi e i re
che dirigono l'esercito sono condotti
dal re Priamo, con i figli Ettore e
Paride come capi dell'altra parte.
è una guerra tetra, cattiva,
con la morte in ogni pagina,
ed è anche un pezzo incredibilmente
bello di poesia epica.
Alla fine della storia, Achille rinuncia
finalmente alla sua rabbia.
Non riesce esattamente a fare pace
mentre vive con il vecchio,
con il personaggio greco autorevole:
non si riconcilia mai completamente
con Agamennone
e le cose tremende che Agamennone gli
aveva fatto per umiliarlo pubblicamente
ma invece, verso la fine dell'epopea
vi è un momento dove Achille
si rappacifica e mette fine in parte
alla propria rabbia.
E quando lo fa, non è con il suo
capo Agamennone.
Invece, stranamente,
il momento in cui Achille
esprime dimensioni della
sua umanità diverse
dalla sua rabbia guerriera avviene con
il più grande dei troiani.
Priamo ha un incontro con Achille
in cui ha l'opportunità di riscattare
il corpo del suo amato figlio Ettore
sul quale Achille si è vendicato
con tutta la sua rabbia guerriera.
Priamo si reca nella tenda di Achille,
bacia le mani che hanno ucciso suo figlio
e supplica Achille di mostrare
un po' di pietà.
Achille decide che i suoi compatrioti
greci, e in particolare Agamennone,
non ne sono degni
però Priamo, il generale, il re di Troia
è giudicato degno della pietà
di Achille.
Perciò cede con quel bacio sulle mani,
restituisce il corpo e Priamo
può seppellire Ettore, e così finisce
la Guerra di Troia nell'Iliade di Omero.
Può sembrare che io abbia saltato
alcune cose:
forse vi state chiedendo
che fine ha fatto il Cavallo di Troia.
Abbiamo storie su Odisseo e
il suo coinvolgimento nella guerra,
e su altri tipi di stratagemmi
adoperati.
È una guerra di dieci anni e abbiamo
parlato soltanto di una sua piccola parte.
È vero: l'Iliade di Omero si concentra
soltanto su un periodo brevissimo.
La maggior parte dell'epopea tratta
soltanto di tre giorni di battaglie
e non dà una panoramica sinottica
dell'intera Guerra di Troia.
La storia viene completata
invece da altri poeti epici
intorno ad Omero che approfondiscono
questa storia e ne narrano altri pezzi.
E in effetti c'è un'altra storia dietro.
Vedremo che nei miti c'è sempre
un'altra storia dietro.
Per adoperare il linguaggio del cinema
contemporaneo, stiamo parlando
di quei "prequel", quei film che emergono
dopo l'uscita di quello principale.
E forse c'erano già in giro versioni di
"prequel", di narrazioni degli antefatti,
prima di Omero, però gran parte della
legenda che conosciamo inizia a tapare
i buchi dopo che un grande poeta come
Omero ne dà il proprio enunciato:
dopo, arrivano gli altri e riempiono tutti
i particolari che vanno riempiti.
Esempio: come diamine è iniziata
tutta questa Guerra di Troia?
Beh, ci ritroviamo con una legenda
che precede Omero, in realtà.
Viene codificata nella sua epopea ma
non è su questa che lui si concentra.
C'è questo personaggio, Paride.
Dalla diapositiva precedente, saprete che
è un principe, un figlio di Priamo.
È anche un personaggio
un po' imbarazzante.
Come guerriero, non è granché:
padroneggia meglio le arti dell'amore
di quelle della guerra.
In effetti, attraversa il mare e decide
che la cosa che gli si adisce
è rapire la moglie di Menelao.
E si dà il caso che la moglie di Menelao
è Elena,
la più bella donna del mondo.
E quando Paride la rapisce, irrita
il capo dei generali greci, Agamennone
il quale, si dà il caso,
è il fratello di Menelao.
Quando Paride rapisce Elena
e la riporta a Troia, beh,
succede il finimondo:
inizia la Guerra di Troia.
La vergogna che colpisce Menelao rimbalza
sul fratello Agamennone
e allora Agamennone usa di tutti
i mezzi di cui dispone.
Lui è il più potente dei re greci di allora
allora ne approfitta e
dice a tutti gli altri capi suoi colleghi
che è tempo di
andare a menare quei troiani.
E ci vanno.
Elena, come avrete forse
sentito dire
è davvero "il volto
che fece salpare mille navi".
Questa è una rappresentazione medievale
di come quelle navi potevano apparire.
Piuttosto riuscita, in effetti.
Tracce archeologiche confermano a cosa
somigliava una nave di guerra greca
e questa rappresentazione
non è mica male.
Dunque Elena è il volto che
fa salpare mille navi.
Nella legenda, questo è il numero navi
necessarie per contenere la grandiosità,
l'enormità dell'esercito di Agamennone.
Da certe parti dell'Iliade possiamo
calcolare che tutte le persone coinvolte
-- il famoso Catalogo delle Navi nell'Illiade --
possiamo calcolare più o meno il numero
delle persone coinvolte: circa 100'000.
Omero afferma che un esercito di
100'000 soldati parte dalle coste greche
verso Troia per compiervi
il proprio lavoro sporco.
A questo punto intervengono
quelli che si interessano di miti
e dicono:
"Ehi, aspettate un attimo!
"Ci deve essere un'altra storia
dietro questa:
"Come mai Menelao si è fatto rubare
la moglie Elena da quel tizio Paride?
"Perché Paride ha pensato
che fosse in ordine attraversare il mare
"per rubare la moglie del fratello
del più potente dei greci?"
Allora comincia a filtrare una storia
per rispondere a questo tipo di domande,
e abbiamo la storia sulla
Mela della Discordia.
Alcuni di voi l'avranno sentita.
La potete vedere qui, in un grazioso
quadro che dà tutto il contesto.
Peleo e Teti si stanno sposando.
Peleo è un grande mortale, un uomo
celebre e preminente.
Gli capita di sposare una dea, Teti.
E tutti e due assieme,
Peleo e Teti
-- e quando si sposano, fanno una festa
e invitano tutti quanti.
È uno di quei tempi quando dèi ed umani
potevano convivere, infatti.
Così vennero gli dèi,
vennero gli umani, e tutti fecero una
grande festa in quel periodo molto antico.
Peleo e Teti -- tutti sono invitati,
salvo quella dea, Eride
che è la dea della discordia, che
si offende di non essere stata invitata
Non è autorizzata a venire, perciò decide
di prendere una mela e di incidervi
una sola parola greca che significa
"per la più bella",
la butta in mezzo alla nozza
e Atena,
Era ed Afrodite pensano subito
che la mela spetti a loro.
Iniziano a litigare.
Si guardano intorno e dicono:
"Ecco un umano,
"chiediamogli di risolvere
il dilemma per noi."
Paride accetta.
Di nuovo: non una cosa molto intelligente.
Un uomo più furbo avrebbe probabilmente
scaricato quel giudizio a qualcun altro.
E Paride emette il suo giudizio,
il suo giudizio famoso, dicendo:
"Beh, guardando voi tre, certo,
siete tutte belle.
"Era, mi hai offerto un grande potere
su tutta la terra.
"Atena, mi hai offerto la saggezza infinita."
"Ma tu Afrodite, mi hai offerto
la donna più bella del mondo,
"perciò ti farò vincere questa mela
e tu devi
"darmi il mio premio, che sarà
la donna più bella del mondo."
Così a questo punto
Paride pensa: "Elena è tutta mia,"
E parte a dare inizio
a tutta questa storia.
Perciò tutta la Guerra di Troia,
la grandezza di quell'evento magnifico
si riduce tutta a un affare di cuore,
una piccolezza che --
potete immaginare le fibre del cuore di
un solo umano che vengono pizzicate:
è questa passione a mettere in moto
tutta questa grandezza che
finisce con l'esibirsi in quella rabbia
guerriera che definisce veramente
la percezione che i greci avranno
del loro passato mitico.