O Fortuna
velut luna
statu variabilis,
semper crescis
aut decrescis;
vita detestabilis
nunc obdurat
et tunc curat
ludo mentis aciem,
egestatem
potestatem
dissolvit ut glaciem.
Sors immanis
et inanis,
rota tu volubilis,
status malus,
vana salus
semper dissolubilis,
obumbrata
et velata
mihi quoque niteris;
nunc per ludum
dorsum nudum
fero tui sceleris.
Sors salutis
et virtutis
mihi nunc contraria,
est affectus
et defectus
semper in angaria.
Hac in hora ..........
Un Medico all'Inferno
Medicina e dolore
nell'Inferno dantesco.
3 dicembre 2014 ore 17.00
Aula Magna Careggi
Immagine di Dante
Dante aspetta sulla barca col traghettatore.
Virgilio scende e parla coi demoni
accalcati alla porta infernale.
Scalone dello Spedale di Careggi
L'attore Riccardo Pratesi
declama il XXIX Canto dell'Inferno
Dante e Virgilio osservano due uomini.
Uno sta divorando l'altro.
"Genti nude e spaventate" con mani legate
da serpenti fuggono.
L'attore Pratesi declama
in piedi su una strada lastricata.
Dante e Virgilio
osservano i bestemmiatori
tormentati da pioggia di fuoco.
Poi guardano sconvolti
Bertram dal Bornio vagante
con la sua testa mozzata in mano
"a guisa di lanterna".
L'attore Pratesi declama
con una croce sullo sfondo.
Ora è seduto sul muretto
che delimita il cimitero.
Immagine di Dante
Un medico all'Inferno
Medicina e dolore nell'Inferno dantesco
Introduzione Gian Franco Censini
Saluto Monica Calamai
Presentazione Donatella Lippi
Il dolore in Dante e il McGill Pain Questionnaire
Angelo Raffaele de Gaudio
Riccardo Pratesi recita Inferno XXIX
Riprese e montaggio: Vincenzo Natile
Grafica: Valeria Franci
O Fortuna by MIT Concert Chor
Is licensed under A Attribution-Noncommerical 3.0
Gustave Doré: Dante, Divina Commedia, Inferno, 1861
Fonte: http://commons.wikimedia.org/wiki/
O fortuna
Velut luna
Statu variabilis
Qual dolor fora
se degli spedali di Valdichiana tra il luglio
e il settembre
e di Maremma e di Sardinia i mali
fossero in una fossa tutti insembre
tale era quivi
e tal puzzo ne usciva
qual suole uscir delle marcite membre
non credo che a vedere maggior
tristizia fosse inegina il popolo tutto
infermo
quando fu l'aere sì pien di malizia
che gli animali infino al picciol vermo
cascaron tutti qual sovra il ventre
e qual sovra le spalle l'un dell'altro
giacea
e qual carpone
si trasmutava per lo tristo calle
passo passo
andavam sanza sermone
guardando e ascoltando gli ammalati
che non potea levar le lor persone
Mentre che l'uno spirto questo disse
l'altro piangea sì che di pietade
io venni men
così com'io morisse
e caddi come corpo morto cade.
Sors salutis
et virtutis
mihi nunc contraria
est affectus
et defectus
semper in angaria
hac in hora